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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Maeve Brennan

La visitatrice

BUR, Pag. 109 Euro 7,20
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Non so se l'ho ancora detto, ma la collana Scrittori Contemporanei della BUR è strepitosa. Regala gioielli in continuazione. Come in questo caso.

Catturata dalla bellezza della copertina (una foto seppia dell'autrice negli anni dello splendore fisico, un misto di Geraldine Chaplin e Audrey Hepburn) e dalle note in quarta che raccontano di una trama dolorosa di separazione e amori respinti, ho affrontato la lettura del libro convinta, chissà perché, di dover far i conti col mio bagaglio emozionale.

Nel 1997, all'Università di Notre Dame, Indiana, confuso tra le carte del lascito archivistico di una casa editrice newyorchese, la Sheed & Ward, viene ritrovato il testo dattiloscritto di un breve romanzo inedito, La visitatrice appunto. Una sorta di unicum nella produzione letteraria della Brennan costituita soltanto da raccolte di racconti.

Ci si potrebbe fare un film perché è scansionato, con una nettezza prodigiosa, secondo scene: l'inizio quasi olfattivo, come se riuscissimo, grazie alla scrittrice, a percepire l'atmosfera e gli odori di una Dublino sotto un temporale intenso.

La ventenne Anastasia, dopo la morte della madre a Parigi, torna nella capitale irlandese, dove ha vissuto una serena infanzia, per riallacciare rapporti. La aspetta la nonna, ossessionata da un passato doloroso, incapace di perdonare la nipote che aveva scelto, alla separazione dei genitori, di seguire la madre.

Dal nuovo incontro scaturisce un confronto intenso ed aspro: da una parte il freddo distacco appunto della nonna, consacrata alla tormentosa memoria del figlio, della cui morte attribuisce la responsabilità alla nuora e alla nipote che lo hanno abbandonato; dall'altro il tentativo, che non andrà in porto, di Anastasia di ricucire lo strappo perché ritiene che la consanguineità possa rappresentare un appiglio e una base su cui instaurare nuove relazioni.

La Brennan "approfittando" dello scontro costruisce una nuova etica ed una nuova morale. Ha ragione Paula Fox, altra scrittrice, quando dice: Le storie della Brennan sono irresistibili: dopo averle lette si guarda il mondo in modo diverso. Un mondo che non deve essere soggiogato dalla banale consuetudine di considerare i vincoli di sangue inalienabili, ma libero di decifrarne una sua spietata realtà, lontana mille miglia dalle tradizioni e dalle memorie.

Il finale, che appare scontato, nella sua quasi "canora" chiusura, per contrapposizione ossimorica, lascia senza fiato: per questo s'intendeva cinematografica la storia, perché attraverso il dialogo conciso ed essenziale riusciamo a scrutare i volti dei protagonisti e la loro deriva. Quando leggiamo che Anastasia, disobbedendo agli ordini della nonna di lasciare la casa materna, vi gironzola attorno come per gridare il proprio sdegno e la propria incapacità di accettare un out-out, ne vediamo il volto tragico e sofferente, come impresso indelebilmente su pellicola.

Un capolavoro.





di Eleonora del Poggio


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Maeve Brennan

Il principio dell'amore

BUR, Pag. 265 Euro 9,80

Le storie della Brennan sono come conchiglie di mare: se le accosti agli orecchi percepisci non il rumore del mare, ma il tragico pulsare della sofferenza del vivere.
Non è chiaro perché una donna bella e affascinante come lei (lo abbiamo già detto in una precedente segnalazione: un viso a metà tra la Audrey Hepburn e Geraldine Chaplin), pur con agganci 'mondani' adeguati dopo essersi definitivamente sistemata prima a Washington

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Maeve Brennan

Racconti di New York

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Scrivevo di lei tempo fa: la prosa della Brennan ha la capacità filmica di impressionare paradossalmente lo sguardo del lettore, che pone l'attenzione sul dettaglio, sulla 'crosta', sull'apparente insignificanza di un gesto o di un oggetto. In realtà nella piccolezza, in quella sorta di rifinitura quasi matematica del mondo, vi è l'universo della scrittrice-donna.
Il suo era un tocco e, in questa 'nuova' antologia offerta dalla stupenda collana della BUR 'scrittori contemporanei ', ne da di nuovo un saggio: come uno schizzo di colore in un quadro di dimensioni gigantesche.

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