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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Jean Echenoz

Il mio editore

Adelphi, Pag.52 Euro 5,50
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Alfredo Calasso, editore di questo libro che parla di un editore, discettando sulla propria professione, pronunciò, qualche tempo fa, alcune parole sacre: quello dell'editore è un lavoro di tanta e vasta delicatezza, diceva; e per questo tutti vorrebbero esserlo, tutti vorrebbero editare qualcosa; e perfino un salumaio, se potesse, si vanterebbe di pubblicarli, i prosciutti e i salumi vari.

Parole sacre, queste; ma di qualche tempo fa. E peccato che oggi il sacro non conti niente.

La Chiesa stessa preferisce parlare di preservativi piuttosto che di Dio; e la vana fuga degli dei ci ha resi tutti fatalmente nevrotici. Peccato perché, ora come ora, vale esattamente il contrario di quello che ha detto Calasso, e qualsiasi editore, infatti, in questi tempi di capitalismo avanzato (muffito; marcito), vorrebbe infine potersi beare di una coscienza tranquilla che lo equipari a qualsiasi altro capitano d'impresa: l'editore del tempo nostro i libri li produce, fabbrica, insacca, improsciutta.

E allora non è facile capire se questo libretto è utile o struggente.

Nel dubbio sarebbe comunque il caso di farlo testo obbligatorio nei vari corsi di editoria, dico stages, dico post-lauream, e consimili brillanti eufemismi a indicare questo particolare settore della disoccupazione. Magari qualcuno ne potrebbe uscire edotto, o commosso all'ideale, che l'editore non si intende né esclusivamente, né principalmente di leggi di mercato (meno che mai di quelle in mala salsa italica, con i molti corollari dell'obbligo al favore, del diritto del più amico, e del figlio di qualcuno, e dello sgarbo da non fare). Imparerebbe, al dunque, cos'è un editore. Ossia: un editore è l'uomo di cui si parla in queste pagine, cioè Jèrome Lindon, presidente delle Èditions de Minuit, la casa editrice che stampava, a Parigi, durante l'occupazione nazista, libri di qualità (qualità: sotto ogni regime grave sintomo di resistenza e non pacifica opposizione); cioè l'editore che ha scoperto Becket e, poi, sull'onda dell'entusiasmo, Robbe-Grillet, Butor, il nobel Claude Simon, Robert Pinget e via dicendo, (compreso Echenoz, ça va sans dire); cioè l'editore che ha combattuto la sua strenua battaglia contra la liberalizzazione dei prezzi; cioè l'editore che faceva questo lavoro di tanta e vasta delicatezza che sarebbe fare letteratura, e venderla.

Ma questo libricino, utile o struggente che sia, oltre che obbligatorio per gli aspiranti editori, dovrebbe esserlo pure per tutti i giovani che sognano di scrivere novanta righe per uscire, grandefratellescamente e con buono spirito da assassino seriale, dall'anonimato: vedi alla voce scuola di scrittura creativa. E sì, perché al fine di fare una qualche letteratura e venderla, c'è bisogno non solo di un editore che pubblichi, ma anche di uno scrittore che scriva. Per esempio come Echenoz; che è uno che sa scrivere, e, infatti, anche nella semplice e corriva occasione di un compianto funebre, ti fa un po' di letteratura. Ed è tutto da studiare. Il necrologio ti diventa lamentazione; la lamentazione testamento, un lascito (a futuro editore; a prossimo scrittore) in qualità umane: ed ecco il ritratto di Lindon verace e sentito, in cui si restituisce tutta la piena umanità del personaggio (commovente è la profondità retorica con cui Echenoz gli attribuisce, negandoli, di quei vizi e difetti sostanzianti che mai devono mancare in una figura bel delineata); ma il ritratto diventa anche la testimonianza di un'epoca, di una passione letteraria e politica; e questo ritratto si risolve, alla fine, in un racconto divertente e melanconico in cui uno scrittore che non sa che scrivere libri può avere come conseguenza, come incidente, fama e danaro (altro che uscire dall'anonimato!); in cui uno scapestrato deambulatore urbano; in cui un detective selvaggio incontra, infine, il suo editore.





di Pier Paolo Di Mino


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Gustoso


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Jean Echenoz

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Gli Adelphi, Pag. 116 Euro 10,00

Con Echenoz ero rimasto indietro, ai tempi di Noi tre, che mi 'doveva' piacere perché avendo il libro una discendenza fantastica e dirigendo il sottoscritto una rivista con una decisa impronta nel genere, era, come si dice, il classico cacio sui maccheroni.
Vai a sapere perché poi ho abbandonato lo scrittore francese e gli ho chiuso la porta in faccia. Per molti anni. La riapertura della quale è avvenuta con la riproposizione di Ravel, che Adelphi lanciò nel 2007 ed ora di nuovo in libreria con le edizioni tascabili.

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