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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Jean Echenoz

Correre

Gli adelphi, Traduzione di Giorgio Pinozzi, Pag.148 Euro 10,00
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Emil si direbbe che scavi e si incavi, come in trance o come uno sterratore. Ignaro di canoni accademici e di ogni assillo di eleganza, Emil procede in maniera pesante, scomposta, sofferta, a scatti. Non nasconde la violenza di uno sforzo che gli si legge sul viso contratto, irrigidito, stravolto, continuamente distorto da un rictus penoso a vedersi. I lineamenti sono alterati, come dilaniati da una spaventosa sofferenza, a tratti ha la lingua fuori, come avesse uno scorpione in ogni scarpa. SE bra assente quando corre…
Ecco dunque come appare allo scrittore francese Echezoz l’atleta Emil Zatopec, una specie di forsennato sportivo alle prese con la difficoltà della vittoria e poi della vita.
In effetti la corsa di quello che per molti anni fu considerato una vera e propria bomba dell’atletica mondiale non era per niente bella, come forse non era bello l’incedere un po’ mesto e incassato dell’atleta, ma le Olimpiadi di Helsinki lo videro primeggiare su tutto e anche con la caduta di vari record mondiali.
Comunque il ritratto che Echenoz fa di Zatopec è un quadro radioso ed illuminante delle sue imprese e del fascino di uomo dal destino eccezionale?
Direi proprio di no: la durezza di uno stile e di una corsa trova il suo doppio in una vita fatta di sacrifici ma soprattutto fatta di rinunce che il regime comunista dovrà controllare e ammorbidire per evitare poi incidenti di percorso.
Le centocinquanta pagine del libro di Echenoz sono un rapido excursus nella vita di Zatopec: i suoi primi incontri con l’atletica, le sue prime vittorie, la fama dello sportivo senza avversari e le prime sconfitte, ma è soprattutto il declino di un uomo che ha gioito del suo splendore e infine pagato con la propria disciplina l’arte della resa.
C’è di più: ad accompagnare il destino dell’atleta famoso è proprio lo stesso scrittore Echenoz, nel senso che tutto quello che accade all’uomo succede in un tempo che potremmo definire minimo. Sia la grande decisione di dedicarsi allo sport, sia l’esplosione delle Olimpiadi di Helsinki, sia i primi insuccessi negli anni ’50, sia la condanna politica dell’era Dubcek avvengono come se tutto fosse stabilito, e nulla fosse destinato al caso.
Quando Zatopec firma la sua autocritica e si rimette al lavoro Echenoz scrive: Bene, dice il mite Emil. Archivista, probabilmente non meritavo meglio.
Chissà se è vero.

di Alfredo Ronci


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Jean Echenoz

Il mio editore

Adelphi, Pag.52 Euro 5,50

Alfredo Calasso, editore di questo libro che parla di un editore, discettando sulla propria professione, pronunciò, qualche tempo fa, alcune parole sacre: quello dell'editore è un lavoro di tanta e vasta delicatezza, diceva; e per questo tutti vorrebbero esserlo, tutti vorrebbero editare qualcosa; e perfino un salumaio, se potesse, si vanterebbe di pubblicarli, i prosciutti e i salumi vari.
Parole sacre, queste; ma di qualche tempo fa. E peccato che oggi il sacro non conti niente.

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Jean Echenoz

Ravel

Gli Adelphi, Pag. 116 Euro 10,00

Con Echenoz ero rimasto indietro, ai tempi di Noi tre, che mi 'doveva' piacere perché avendo il libro una discendenza fantastica e dirigendo il sottoscritto una rivista con una decisa impronta nel genere, era, come si dice, il classico cacio sui maccheroni.
Vai a sapere perché poi ho abbandonato lo scrittore francese e gli ho chiuso la porta in faccia. Per molti anni. La riapertura della quale è avvenuta con la riproposizione di Ravel, che Adelphi lanciò nel 2007 ed ora di nuovo in libreria con le edizioni tascabili.

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