RECENSIONI
Elizabeth George
Agguato sull'isola
Superpocket, Pag. 634 Euro 5,50
Seicentotrentaquattro pagine?? Ebbene sì, e ho avuto anche il coraggio di leggerle tutte. Perché ce ne vuole. Ma due potevano essere i motivi per rinunciarci. Il primo: mica la sottoscritta può sobbarcarsi lo scibile della letteratura gialla no? Il secondo: se non hai letto la George finora perché farlo nel 2007?
Rimaneva un dubbio però: gli strilli continui dell'editoria schizofrenica a proposito dell'eredità della Christie. Si vocifera da tempo che la George sia in pole position. Come a dire: tremate tremate, le regine del delitto sono tornate.
Elenco rapidamente le ragioni perché sull'eredità siamo di fronte ad una puttanata.
A – La Christie era una vera artigiana della scrittura, senza false pretese. Potevano leggerla anche gli analfabeti. La George pretende di essere scrittrice tout court e inciampa nella presunzione.
B – La Christie – embé quanno ce vole ce vole – con seicentotrentaquattro pagine avrebbe scritto quattro romanzi.
C – La costruzione del delitto, ancor prima della risoluzione, è davvero risibile. E pensare che la Christie quando costruiva i suoi intrecci faceva incazzare pure l'Associazione del Mistery, pensiamo alla choc de L'assassino di Roger Akroyd. Qui invece l'ordito farebbe ridere i polli, sempre che i polli vogliano ridere, perché mica è detto.
D – La psicologia. Toglietemi tutto ma non il mio Breil... anzi, la mia Miss Marple. Che sentenziava: le persone che si assomigliano prima o poi fanno le stesse cose. Freud l'avrebbe uccisa, a me ha aperto una stagione di rivelazioni e di verità. La George, che si crede più colta, ri-inciampa nella presunzione e quel che esce fuori è un pasticcio da forno per bambine precocemente disperate.
Insomma, se parliamo di eredità mi pare che la strada sia tutta da percorrere. Su un unico punto vedo una certa convergenza: nell'uso del dialogo e del pettegolezzo. La Christie era maestra nell'intrecciare incontri e scambi e depistare nello stesso tempo il lettore. La George sfianca chi legge con discussioni e dispute infinite e a volte non necessarie all'economia del racconto.
Convergenza dunque fino ad un certo punto, perché laddove la vera regina del crimine svettava, la scrittrice americana, di Warren nell'Ohio precisamente, s'affossa.
Lo ammetto: della Christie ho letto praticamente tutto e bisogna riconoscere che ha scritto anche delle porcheriole. Della George, dopo ripensamenti, sotterfugi e preoccupazioni, mi sono sorbito solo questo Agguato sull'isola. Sarà davvero poco per bollarla e passare alla prossima? Ma il buongiorno non si vedeva dal mattino? O forse aveva davvero ragione Karl Kraus: Artista è soltanto chi sa fare della soluzione un'enigma.
E qui, in questo giallo, l'enigma, hai voglia a dire, come direbbero i toscani 'un c'è.
di Eleonora del Poggio
Rimaneva un dubbio però: gli strilli continui dell'editoria schizofrenica a proposito dell'eredità della Christie. Si vocifera da tempo che la George sia in pole position. Come a dire: tremate tremate, le regine del delitto sono tornate.
Elenco rapidamente le ragioni perché sull'eredità siamo di fronte ad una puttanata.
A – La Christie era una vera artigiana della scrittura, senza false pretese. Potevano leggerla anche gli analfabeti. La George pretende di essere scrittrice tout court e inciampa nella presunzione.
B – La Christie – embé quanno ce vole ce vole – con seicentotrentaquattro pagine avrebbe scritto quattro romanzi.
C – La costruzione del delitto, ancor prima della risoluzione, è davvero risibile. E pensare che la Christie quando costruiva i suoi intrecci faceva incazzare pure l'Associazione del Mistery, pensiamo alla choc de L'assassino di Roger Akroyd. Qui invece l'ordito farebbe ridere i polli, sempre che i polli vogliano ridere, perché mica è detto.
D – La psicologia. Toglietemi tutto ma non il mio Breil... anzi, la mia Miss Marple. Che sentenziava: le persone che si assomigliano prima o poi fanno le stesse cose. Freud l'avrebbe uccisa, a me ha aperto una stagione di rivelazioni e di verità. La George, che si crede più colta, ri-inciampa nella presunzione e quel che esce fuori è un pasticcio da forno per bambine precocemente disperate.
Insomma, se parliamo di eredità mi pare che la strada sia tutta da percorrere. Su un unico punto vedo una certa convergenza: nell'uso del dialogo e del pettegolezzo. La Christie era maestra nell'intrecciare incontri e scambi e depistare nello stesso tempo il lettore. La George sfianca chi legge con discussioni e dispute infinite e a volte non necessarie all'economia del racconto.
Convergenza dunque fino ad un certo punto, perché laddove la vera regina del crimine svettava, la scrittrice americana, di Warren nell'Ohio precisamente, s'affossa.
Lo ammetto: della Christie ho letto praticamente tutto e bisogna riconoscere che ha scritto anche delle porcheriole. Della George, dopo ripensamenti, sotterfugi e preoccupazioni, mi sono sorbito solo questo Agguato sull'isola. Sarà davvero poco per bollarla e passare alla prossima? Ma il buongiorno non si vedeva dal mattino? O forse aveva davvero ragione Karl Kraus: Artista è soltanto chi sa fare della soluzione un'enigma.
E qui, in questo giallo, l'enigma, hai voglia a dire, come direbbero i toscani 'un c'è.
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