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Il Paradiso degli Orchi
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DE FALSU CREDITU

Nino Trenino

Amori e scompartimenti

Edizione La Provvida, Pag. 140 Euro 14,00
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Da un po' di tempo a questa parte si sta procedendo alla "riscoperta" di un autore molto amato in passato, poi un pochino dimenticato e sottovalutato, ed ora riassurto a "fasti" decisamente più adeguati al suo nome: Carlo Cassola.

L'autore de La ragazza di Bube – i Meridiani Mondadori gli hanno dedicato di recente il volume omonimo – e di cui il poeta Mario Luzi, a proposito della sua opera e dei luoghi di ambientazione ebbe a dire: per affetto e per organica intelligenza di poesia, Cassola ne ha fatto non una provincia, e sia pure la sua provincia, ma un luogo, anzi il luogo dell'anima, considerato per molti versi un maestro, ha avuto, come tutti i grandi letterati, diversi epigoni. Primo fra tutti il grossetano Nino Trenino.

Nativo in verità del borgo Bagno Roselle lo scrittore, durante la sua attività, interrotta per un infarto improvviso all'età di sessantuno anni, produsse una decina di romanzi, tutti per lo più ambientati nella zona compresa nel triangolo Volterra - Marina di Cecina – Grosseto. Ricordiamo fra gli altri La fida Romilda, Franco e Signora, La vigna dell'Elicanto e appunto Amori e scompartimenti che andiamo a trattare.

Qualcuno si chiederà: perché proprio questo? Perché al di là della consuetudine paesaggistica, Trenino affronta temi sempre molto sentiti, ma con una "mano" ed una freschezza ma più riscontrati nelle opere successive.

E' la storia di una passione nata, tra Rina e Ameduccio, tra le stazioni di Monforte Apulo e Sicognano Scalo e segnata dalla persistente presenza di un'ambientazione ferroviaria che a tratti ricorda la cinematografia ad uso propagandistico (per esempio Stazione Termini, il film del 1953 di Vittorio De Sica con Montgomery Clift e Jennifer Jones, o Destinazione Piovarolo con Totò e Tina Pica) molto in voga negli anni cinquanta.

Ecco dunque la scritta "non attraversare i binari" che rende il senso di un limite metafisico, quasi una sorta di confine dell'anima. I cessi, luoghi di una clandestinità pederastica, dello sbirciare dei membri per lo più smunti (argomento questo, per i tempi, di inusitata attualità). La luce intermittente del neon del buffet della stazione con la laida e ammiccante, persino grottesca espressione del barman. Lo stanco ondeggiare della paletta dell'assonnato ferroviere durante una notte di diluvio e tempesta.

Per carità, non siamo di fronte a cliché ridisegnati da un onanistico cultore di materiale ferroviario. Lo stile di Trenino (chissà, a questo punto, se nom de plume o per una sorta di destino imbizzarrito, nome omen) è leggero e soave, soprattutto quando incarna lo spirito dei tempi – ricordiamo che il romanzo è del 1958 – offrendoci una Rina, delicatamente ingenua e remissiva e un Ameduccio, orgogliosamente maschile, ma per certi versi toccato da una sensibilità "altra", quasi diversa nella sua quotidiana rispettabilità.

Sappiamo che le edizioni La Provvida hanno in cantiere altre opere dello scrittore grossetano. Alberto Bevilacqua che è cultore di Trenino, sulle colonne del quotidiano La Stampa si è augurato che prima o poi possa tornare alla luce il suo esordio, quel Di rimando (1944) che alla sua uscita, in piena tempesta bellica, fece versare fiumi di lacrime ad una generazione in cerca di pace e serenità.

Ce lo auguriamo anche noi, compressi come siamo,sempre di più,da una letteratura asfittica e priva totalmente di sentimenti.





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