RECENSIONI
Roberto Scardova (a cura di)
Carte false
Verdenero, Pag. 187 Euro 14,00
Sottotitolo: 'L'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Quindici anni senza verità'.
Personalmente ritengo che in questa vicenda ci sia anche altro da raccontare pur se, al confronto, di poca cosa: il pianto e lo strazio in diretta, mentre raccontava della notizia dell'agguato, del giornalista Flavio Fusi su Rai tre, amico della Alpi.
In un momento come questo dove le notizie passano attraverso la lente sempre più smisurata della censura (ma avete visto come Rai1 Rai2 e Canale5 stanno ignorando la vicenda sempre più torbida dei festini a Villa Certosa e Palazzo Grazioli?) l'immagine del dolore vivo e sincero di un uomo, ancor prima che giornalista, di fronte alla perdita di un affetto, ha lasciato, almeno per quanto mi riguarda, un segno indelebile.
Poi la storia del tremendo agguato è quella che è, purtroppo: Aiuti mal distribuiti o confiscati dalle varie anime del Fronte somalo, pirateria, pescherecci sequestrati, traffici di armi e rifiuti, droga, tangenti sulle opere della cooperazione, corruzione diffusa ovunque... e il colera.
Questo è il quadro che i magistrati (e non solo loro, perché da anni è stata istituita una commissione d'inchiesta parlamentare per la morte della giornalista e dell'operatore video) si son trovati di fronte nel tentativo di sbrogliare la matassa, un quadro che ha radici anche nella 'vecchia' idea imperialista di questo straccio di paese, che non vuol dire occupazione 'fisica' del territorio, ma soprattutto il suo sfruttamento... una storia che aveva sentito dire: si costruivano strade che partivano dal nulla e finivano nel nulla, fatte apposta per scavare e mettere detriti tossici.
Il libro in questione vede una prima sezione scritta da un altro giornalista Rai, Roberto Scardova, che tenta la ricostruzione dal punto di vista della pura cronaca, non tralasciando ovviamente le evidenti incongruenze di una delle parti in causa subito dopo il tragico agguato. La seconda è costituita da alcuni capitoli che tentano di indagare più a fondo l'accaduto: come la valutazione di un'inchiesta che non si sarebbe mai voluto fare, i misteri legati ad una strada che attraversa il nord della Somalia che è il nocciolo dell'intera tragedia, la fabbrica delle menzogne dei protagonisti del dramma ('vecchi' politici, nomi ricorrenti spesso negli intrighi di palazzo e i miseri comportamenti di uomini pubblici tutt'ora in vista) e per finire, ma certamente non ultimo per importanza, il bel ritratto di Luciana e Giorgio Alpi, i genitori della giornalista che fin dal primo momento non hanno creduto affatto alla ricostruzione dell'agguato da parte dell'autorità italiane e si sono battuti con forza e determinazione per 'consegnare' alla figlia e all'opinione pubblica intera, come atto dovuto, la 'giusta' verità.
Questo è il paese dei misteri, delle notizie non date, di un uomo politico che tutt'ora è senatore e gode della stima quasi universale, Giulio Andreotti, e che un tribunale italiano ha sentenziato d'aver avuto fino agli anni 80 regolari rapporti con la mafia. Questo è il paese di un primo Ministro che un tribunale italiano ha riconosciuto come corruttore e che sta ancora là, nonostante festini e come direbbe Grillo, zoccole. Questo è il paese delle stragi di Stato. L'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è stato una di queste.
di Alfredo Ronci
Personalmente ritengo che in questa vicenda ci sia anche altro da raccontare pur se, al confronto, di poca cosa: il pianto e lo strazio in diretta, mentre raccontava della notizia dell'agguato, del giornalista Flavio Fusi su Rai tre, amico della Alpi.
In un momento come questo dove le notizie passano attraverso la lente sempre più smisurata della censura (ma avete visto come Rai1 Rai2 e Canale5 stanno ignorando la vicenda sempre più torbida dei festini a Villa Certosa e Palazzo Grazioli?) l'immagine del dolore vivo e sincero di un uomo, ancor prima che giornalista, di fronte alla perdita di un affetto, ha lasciato, almeno per quanto mi riguarda, un segno indelebile.
Poi la storia del tremendo agguato è quella che è, purtroppo: Aiuti mal distribuiti o confiscati dalle varie anime del Fronte somalo, pirateria, pescherecci sequestrati, traffici di armi e rifiuti, droga, tangenti sulle opere della cooperazione, corruzione diffusa ovunque... e il colera.
Questo è il quadro che i magistrati (e non solo loro, perché da anni è stata istituita una commissione d'inchiesta parlamentare per la morte della giornalista e dell'operatore video) si son trovati di fronte nel tentativo di sbrogliare la matassa, un quadro che ha radici anche nella 'vecchia' idea imperialista di questo straccio di paese, che non vuol dire occupazione 'fisica' del territorio, ma soprattutto il suo sfruttamento... una storia che aveva sentito dire: si costruivano strade che partivano dal nulla e finivano nel nulla, fatte apposta per scavare e mettere detriti tossici.
Il libro in questione vede una prima sezione scritta da un altro giornalista Rai, Roberto Scardova, che tenta la ricostruzione dal punto di vista della pura cronaca, non tralasciando ovviamente le evidenti incongruenze di una delle parti in causa subito dopo il tragico agguato. La seconda è costituita da alcuni capitoli che tentano di indagare più a fondo l'accaduto: come la valutazione di un'inchiesta che non si sarebbe mai voluto fare, i misteri legati ad una strada che attraversa il nord della Somalia che è il nocciolo dell'intera tragedia, la fabbrica delle menzogne dei protagonisti del dramma ('vecchi' politici, nomi ricorrenti spesso negli intrighi di palazzo e i miseri comportamenti di uomini pubblici tutt'ora in vista) e per finire, ma certamente non ultimo per importanza, il bel ritratto di Luciana e Giorgio Alpi, i genitori della giornalista che fin dal primo momento non hanno creduto affatto alla ricostruzione dell'agguato da parte dell'autorità italiane e si sono battuti con forza e determinazione per 'consegnare' alla figlia e all'opinione pubblica intera, come atto dovuto, la 'giusta' verità.
Questo è il paese dei misteri, delle notizie non date, di un uomo politico che tutt'ora è senatore e gode della stima quasi universale, Giulio Andreotti, e che un tribunale italiano ha sentenziato d'aver avuto fino agli anni 80 regolari rapporti con la mafia. Questo è il paese di un primo Ministro che un tribunale italiano ha riconosciuto come corruttore e che sta ancora là, nonostante festini e come direbbe Grillo, zoccole. Questo è il paese delle stragi di Stato. L'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è stato una di queste.
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