RECENSIONI
Uwe Timm
Come mio fratello
Sellerio, traduzione di Margherita Carbonaro, Pag. 218 Euro 14.00
Scriveva anni fa, su un testo basato su discorsi tenuti in pubblico, e precisamente Storia naturale della distruzione, Sebald scriveva: L’atto conclusivo della distruzione – quale fu vissuto dalla quasi totalità dei tedeschi – restò così, nei suoi aspetti più foschi, un infamante segreto di famiglia su cui gravava una sorta di tabù, un segreto che probabilmente non si poteva confessare nemmeno a se stessi.
E più avanti… Il non voler prendere coscienza, egli scrive, fu il presupposto del loro successo.
E cosa dire allora di un ragazzino che ha notizia della morte di suo fratello più grande, avvenuta durante la miserevole campagna di Russia nazista, e sul perché, anche dopo tanti anni non è riuscito a capire come mai, un popolo che si beava di Mozart e di Holderling, non si sia reso conto delle atrocità e dei delitti disumani del regime di Hitler?
Al di là di certi meccanismi di vendita (la traduttrice del testo interviene su come oggi ha ri-tradotto il testo rispetto a quello che originariamente uscì per Mondadori, e su come, noi pensiamo, l’editore oggi sbandieri tutta la sua originalità per il giorno della memoria) questo piccolo libro è un resoconto triste, bello ed intelligente su come anche le menti più brillanti di questo secolo non sappiano in fondo dare una logica spiegazione su ciò che drammaticamente è accaduto. E come mai, un ragazzo di bassa estrazione, ma con un cuore grosso così, abbia trovato il coraggio di combattere e poi morire per la patria… quella patria.
Dice Timm: Nel diario di mio fratello non c’è nessuna giustificazione esplicita delle uccisioni, nessuna ideologia, come veniva insegnata nelle SS. E’ lo sguardo normale sulla quotidianità della guerra. E ancora… Nel diario e anche nelle lettere di mio fratello non si parla mai dei prigionieri. Per quale motivo la cosa non veniva considerata degna di menzione?
Cercare una spiegazione al tutto è quasi come combattere contro il vento. E non c’è partecipazione emotiva a quello che sta intorno, c’è solo la spaventosa cecità che viene fatta passare per normale.
Timm, uno dei pochi scrittori tedeschi che abbia voluto confrontarsi coll’orrore del nazismo, non riesce a darsi pace e non riesce a formulare un’ipotesi che quanto meno possa alleggerire il fardello atroce della morte del fratello. Ma ci lascia anche un segno terribile di quello che può essere una guerra, come quando osservando alcune foto fatte dopo l’uccisione di ebrei racconta che… Su una foto si vedono due soldati tedeschi che frugano fra i mucchi di vestiti per terra, non alla ricerca di oggetti di valore ma dei bambini piccoli che le madri cercavano di nascondere sotto i vestiti prima di essere fucilate.
di Alfredo Ronci
E più avanti… Il non voler prendere coscienza, egli scrive, fu il presupposto del loro successo.
E cosa dire allora di un ragazzino che ha notizia della morte di suo fratello più grande, avvenuta durante la miserevole campagna di Russia nazista, e sul perché, anche dopo tanti anni non è riuscito a capire come mai, un popolo che si beava di Mozart e di Holderling, non si sia reso conto delle atrocità e dei delitti disumani del regime di Hitler?
Al di là di certi meccanismi di vendita (la traduttrice del testo interviene su come oggi ha ri-tradotto il testo rispetto a quello che originariamente uscì per Mondadori, e su come, noi pensiamo, l’editore oggi sbandieri tutta la sua originalità per il giorno della memoria) questo piccolo libro è un resoconto triste, bello ed intelligente su come anche le menti più brillanti di questo secolo non sappiano in fondo dare una logica spiegazione su ciò che drammaticamente è accaduto. E come mai, un ragazzo di bassa estrazione, ma con un cuore grosso così, abbia trovato il coraggio di combattere e poi morire per la patria… quella patria.
Dice Timm: Nel diario di mio fratello non c’è nessuna giustificazione esplicita delle uccisioni, nessuna ideologia, come veniva insegnata nelle SS. E’ lo sguardo normale sulla quotidianità della guerra. E ancora… Nel diario e anche nelle lettere di mio fratello non si parla mai dei prigionieri. Per quale motivo la cosa non veniva considerata degna di menzione?
Cercare una spiegazione al tutto è quasi come combattere contro il vento. E non c’è partecipazione emotiva a quello che sta intorno, c’è solo la spaventosa cecità che viene fatta passare per normale.
Timm, uno dei pochi scrittori tedeschi che abbia voluto confrontarsi coll’orrore del nazismo, non riesce a darsi pace e non riesce a formulare un’ipotesi che quanto meno possa alleggerire il fardello atroce della morte del fratello. Ma ci lascia anche un segno terribile di quello che può essere una guerra, come quando osservando alcune foto fatte dopo l’uccisione di ebrei racconta che… Su una foto si vedono due soldati tedeschi che frugano fra i mucchi di vestiti per terra, non alla ricerca di oggetti di valore ma dei bambini piccoli che le madri cercavano di nascondere sotto i vestiti prima di essere fucilate.
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