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CLASSICI

Alfredo Ronci

Era qualcosa di nuovo? “la ragazza Carla” di Elio Pagliarani.

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Per un attimo lasciamo da parte i personaggi che “stanno intorno” a questa storia, e mi riferisco ai vari poeti e scrittori che fecero parte del Gruppo ’63 (anche se, bisogna proprio dirlo, in qualche modo si rifaranno vivi), e parliamo solo dell’autore: Elio Pagliarani che, come dice Aldo Nove nell’introduzione, è tra i più importanti poeti del novecento (l’altro, tanto per non tralasciare nessuno, sarebbe Dino Campana). Anzi, ad essere precisi, è proprio Pagliarani a parlarci, con una post-fazione molto importante, che l’autore riporta a fine dell’opera e che in qualche modo meglio ci indirizza sul significato de La ragazza Carla.
Innanzi tutto ci indica le origini: Incominciai La ragazza Carla a Milano fra settembre e ottobre del ’54, erano da poco iniziate le scuole, non ricordo se ero ancora nel vecchio “Istituto Leonida”, una scuola media privata in viale Umbria dove avevo incominciato a insegnare nel ’51, o se era un’altra nuova in via Commenda, di cui ora non ricordo il nome.
Perché scrisse l’opera? Dice sempre Pagliarani: … in ogni caso nel confronto della produzione poetica fra le due guerre e l’attuale, appare chiaro come oggi i poeti tendano a trasferire nel linguaggio poetico le contraddizioni presenti nel linguaggio di classe, mentre la poesia pre-1945 sembrava ignorarle. (…)  La vicenda del poemetto, cioè la moderna educazione sentimentale, cioè come s’impara o non si impara a crescere, ce l’avevo già tutta o quasi…
Ma è davvero così che dobbiamo intendere La ragazza Carla? Cioè un poemetto sulla moderna educazione sentimentale? O piuttosto una metallica, atona e quasi insignificante vicenda cui fa da sfondo una città da una parte brulicante e dall’altra monotona?
Più di qualche critico ha ragionato sul fatto che protagonista della storia è la città di Milano. Scrive Pagliarani sul poemetto (come lo chiama lui stesso):
All’ombra del Duomo, di un fianco del Duomo
I segni colorati sei semafori le polveri idriz elettriche
Mobili sulle facciate del vecchio casermone d’angolo
Fra l’infelice corso Vittorio Emanuele e Camposanto,
Santa Radegonda, Odeon bar cinema e teatro
Un casermone sinistrato e cadente che sarà la Rinascente
Cento targhe d’ottone come quella
TRANSOCEAN LIMITED IMPORT EXPORT COMPANY
le nove di mattina al 3 febbraio.
Ecco come si presenta la città, Milano, e come la fa sentire il poeta che, come afferma Aldo Nove sempre nella prefazione, ha capacità rabdomantiche o, più semplicemente, con inaudita capacità di sintesi.
E in questa città che è tutto, ma anche il suo contrario, si “erge” (attenzione, ergere è un verbo che mal s’adatta alla storia, perché protagonista di essa è Carla, ma nello stesso tempo qualsivoglia personaggio, meglio forse persona, che s’aggiri in quella moltitudine sbiadita e solitaria della città) la vita (opere e omissioni) della diciasettenne ragazza Carla.
Carla Dondi fu Ambrogio di anni
Diciassette primo impiego stenodattilo
All’ombra del Duomo.
E in poche righe (davvero questo poemetto non raggiunge le cinquanta pagine), si svolge una sintesi di un’esistenza (tanto per parlarne, si dice del mondo falsamente fatato della fabbrica e del rapporto di Carla col suo fidanzato Aldo) pari ed uguale alle altre, in una città, in questo caso Milano, che stringe e deturpa.
Nelle note finali Pagliarani indica anche i tempi della pubblicazione de La ragazza Carla: Poi, grande fortuna, nell’autunno del ’59 Vittorini mandò Crovi a chiedermi di fargli avere il testo del poemetto (ormai sapevano in parecchi che andavo leggendolo in gito) per il Menabò; Crovi glielo presentò accompagnato da una sua relazione favorevole, Vittorini lo lesse e poi decise con entusiasmo di pubblicarlo subito sul secondo numero del Menabò, febbraio del ’60.
Crediamo tutti che sia ancora oggi da leggere.




L’edizione da noi considerata è:

Elio Pagliarani
La ragazza Carla
Il Saggiatore



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