RECENSIONI
Oreste Del Buono
Facile da usare
ISBN Edizioni, Pag. 122 Euro 10,00
Ho sempre avuto grande rispetto per quest'uomo: le sue scelte, i suoi progetti, la sua attività 'editoriale'mi hanno sempre convinto che il libero arbitrio è essenzialmente una conquista e che gli uomini emancipati sono davvero l'eccezione che conferma la regola del nepotismo e del leccaculismo più sfrenati.
Lo ammiravo, dall'alto della mia misoginia sempre più accentuata, anche quando era direttore di Linus, unico maschietto in una redazione di virago piene di tosti propositi. Per non parlare della sua competenza in ambito 'giallo' (fu lui a dire che uno dei suoi sogni sarebbe stato quello di poter vivere un'avventura nello studio holmesiano di Baker Street).
Però vivevo un paradosso: tanto ammiravo le iniziative di Del Buono, tanto ignoravo la sua produzione più squisitamente letteraria.
L'operazione delle edizioni ISBN (quella cioè di riscoprire opere del novecento italiano poco frequentate, dimenticate se non addirittura ignorate) mi ha colto di sorpresa e nello stesso tempo mi ha permesso di colmare una lacuna (tra l'altro sempre le edizioni ISBN pare abbiano l'intenzione di pubblicare un antimeridiano proprio dedicato a Del Buono).
Devo essere onesto con me stesso e coi lettori (e mi pare obbligatorio): Facile da usare, questo romanzetto di poco più di cento pagine, non è che mi abbia entusiasmato. Anzi, l'ho trovato noioso ed inconsistente.
Ho provato, nel tentativo di evidenziare aspetti più consoni all'altezza dell'autore, a trovare altre strade interpretative: ahimé, ho sempre cozzato contro una mollezza di fondo che alla fine mi ha convinto di trovarmi di fronte ad un'opera poco riuscita.
Un romanzo banalmente borghese (se ha un senso, in quest'epoca di appiattimento anche semantico, usare un'espressione del genere) dove l'intreccio è costituito da un lui che s'è fatto l'amante, ma non è assolutamente convinto del proprio ruolo, nel confronto poi continuo ed anche ossessivo con la moglie.
Tutto qua. Non aggiungerei altro perché probabilmente nulla di più qualificherebbe un'operina mancata e un po' melmosa.
Ermanno Paccagnini, in una devota post-fazione, pur riconoscendo l'assoluta ordinarietà della storia ci invita a leggere tra le righe del romanzo, ponendo l'attenzione anche sulla 'buffa' dimensione atemporale della vicenda (nel senso che il 'plot' va avanti con una sua logica conseguenza, ma i vari capitoli sono indicati con anni decrescenti e non, come si potrebbe pensare, crescenti).
Anche qui, francamente, poca cosa., per quanto il 'post-fatore' ci suggerisca che Un processo di essenzializzazione applicato non solo alle figure, ma anche alla espressività, che per questa via in Facile da usare si fa elemento centrale e costitutivo del testo.
Sarà: mi viene piuttosto da pensare che, siccome il romanzo esce nei primi anni sessanta e lo stesso Del Buono fece parte del Gruppo '63, certe soluzioni 'azzardate' ed inconsuete rispetto alla classicità della letteratura italiana in genere, possano da considerarsi come estensioni teoriche.
di Alfredo Ronci
Lo ammiravo, dall'alto della mia misoginia sempre più accentuata, anche quando era direttore di Linus, unico maschietto in una redazione di virago piene di tosti propositi. Per non parlare della sua competenza in ambito 'giallo' (fu lui a dire che uno dei suoi sogni sarebbe stato quello di poter vivere un'avventura nello studio holmesiano di Baker Street).
Però vivevo un paradosso: tanto ammiravo le iniziative di Del Buono, tanto ignoravo la sua produzione più squisitamente letteraria.
L'operazione delle edizioni ISBN (quella cioè di riscoprire opere del novecento italiano poco frequentate, dimenticate se non addirittura ignorate) mi ha colto di sorpresa e nello stesso tempo mi ha permesso di colmare una lacuna (tra l'altro sempre le edizioni ISBN pare abbiano l'intenzione di pubblicare un antimeridiano proprio dedicato a Del Buono).
Devo essere onesto con me stesso e coi lettori (e mi pare obbligatorio): Facile da usare, questo romanzetto di poco più di cento pagine, non è che mi abbia entusiasmato. Anzi, l'ho trovato noioso ed inconsistente.
Ho provato, nel tentativo di evidenziare aspetti più consoni all'altezza dell'autore, a trovare altre strade interpretative: ahimé, ho sempre cozzato contro una mollezza di fondo che alla fine mi ha convinto di trovarmi di fronte ad un'opera poco riuscita.
Un romanzo banalmente borghese (se ha un senso, in quest'epoca di appiattimento anche semantico, usare un'espressione del genere) dove l'intreccio è costituito da un lui che s'è fatto l'amante, ma non è assolutamente convinto del proprio ruolo, nel confronto poi continuo ed anche ossessivo con la moglie.
Tutto qua. Non aggiungerei altro perché probabilmente nulla di più qualificherebbe un'operina mancata e un po' melmosa.
Ermanno Paccagnini, in una devota post-fazione, pur riconoscendo l'assoluta ordinarietà della storia ci invita a leggere tra le righe del romanzo, ponendo l'attenzione anche sulla 'buffa' dimensione atemporale della vicenda (nel senso che il 'plot' va avanti con una sua logica conseguenza, ma i vari capitoli sono indicati con anni decrescenti e non, come si potrebbe pensare, crescenti).
Anche qui, francamente, poca cosa., per quanto il 'post-fatore' ci suggerisca che Un processo di essenzializzazione applicato non solo alle figure, ma anche alla espressività, che per questa via in Facile da usare si fa elemento centrale e costitutivo del testo.
Sarà: mi viene piuttosto da pensare che, siccome il romanzo esce nei primi anni sessanta e lo stesso Del Buono fece parte del Gruppo '63, certe soluzioni 'azzardate' ed inconsuete rispetto alla classicità della letteratura italiana in genere, possano da considerarsi come estensioni teoriche.
di Alfredo Ronci
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