RECENSIONI
David Gilbert
I normali. Professione cavia.
Bompiani, Pag.489 Euro 18.50
Scriveva Hans Ruesch su Imperatrice nuda edizioni Civis (a proposito, quando un editore con le palle e pronto a sfidare la potenza delle multinazionali farmaceutiche vorrà riproporre questo seminale saggio sulla vivisezione, sulle bufale scientifiche e sullo strapotere di interessi economici a danno della nostra salute?) nel lontano gennaio 1976: Che la vivisezione animale portasse irrimediabilmente alla vivisezione umana lo aveva capito già Orazio quando scrisse "crudelitas in animalis est tirocinium crudelitas contra homines". I vari medici tedeschi processati dopo la guerra per aver compiuto vivisezioni sui prigionieri – esperimenti che venivano eseguiti parallelamente con esperimenti animali – addussero a loro difesa che avendo già praticato la vivisezione animale, era logico che volessero sperimentare anche sugli esseri umani. Pag. 291.
Ora, proprio di questo parla I normali di David Gilbert. E' la storia di uno studente squattrinato che per pagare le rette universitarie offre il proprio corpo ad una clinica privata per la sperimentazione di un farmaco che curi pazienti affetti da psicosi: esattamente un antipsicotico atipico.
E Gilbert lo fa, tra l'altro, con un linguaggio ironico e aggraziato che a tratti sfiora l'esilarante. Due esempi: Per l'LSD vale lo stesso discorso che per Chauser: divertente, forse anche importante, ma una volta è più che sufficiente Pag. 33. Oppure: Le infermiere, a quanto pare, sono passate attraverso la propria versione del Concilio Vaticano II. Al giorno d'oggi si vestono da lesbiche. Pag.112.
Però sul contenuto andrebbero fatti dei distinguo: Gilbert, purtroppo (e l'uso del purtroppo mi costa un po', lo devo ammettere) è figlio naturale del Pynchon più noioso, quello che, dopo i fasti di un innovazione linguistica senza precedenti, è vissuto sugli allori proponendo indigeste opere mortifere. E' figlio del De Lillo (curioso, Gilbert recentemente ha curato l'adattamento cinematografico di Endzone di De Lillo appunto) insopportabile e prolisso di Underworld e quella sua fottutissima pallina da baseball. Ed è parente dell'interminabile La scopa del sistema di Edgar F.Wallace. Insomma, lo scrittore americano (coi suoi colleghi) è affetto da una paranoia sesquipedale che lo porta ad dilatare oltre misura argomenti, profili, accenni e vie trasversali, realizzando poi alla fine un romanzo di quasi cinquecento pagine che avrebbe potuto essere scritto utilizzando la metà dei fogli.
Ma è un bel romanzo: articolato e suggestivo, con rimandi che portano alla cinematografia impegnato dei decenni scorsi (che so, Comma 22 o Qualcuno volò sul nido del cucculo). In più, proprio partendo dalla citazione di Ruesch, affrontando una tematica, che per motivi contingenti non può non sfiorare l'animalismo più estremo (anche se preso in esame con la stessa spocchia che potrebbero avere i mass media alla ricerca di una fuorviante verità).
Il problema che affronta Gilbert, tra una goliardata e una risata, è grosso. Giorni fa, in una trasmissione televisiva di Rai tre, Sandro Donati, ex allenatore della nazionale di atletica leggera, ex dirigente Coni ed ora responsabile presso il Ministero della Salute, dichiarava, a proposito dell'uso sempre più frequente di farmaci stimolanti tra i giovani, senza che nessuno prendesse atto dell'enormità dell'accusa che, siccome ormai la farmacologia contemporanea ha offerto quasi tutto per curare i malati, si rivolge a fabbricare "conforti" sempre più specifici per i sani. Per poi renderli malati.
Gilbert, affronta tutto questo con sufficiente preparazione. Se avesse avuto il coraggio di andare oltre, sarebbe stato davvero un bell'atto di accusa. Così I normali rimane un romanzo riuscito letterariamente, anche coi distinguo di cui sopra, ma "troppo" politicamente corretto nonostante gli accadimenti. Sarà per la prossima volta. Intanto, vi prego, ripubblicate Imperatrice nuda.
di Alfredo Ronci
Ora, proprio di questo parla I normali di David Gilbert. E' la storia di uno studente squattrinato che per pagare le rette universitarie offre il proprio corpo ad una clinica privata per la sperimentazione di un farmaco che curi pazienti affetti da psicosi: esattamente un antipsicotico atipico.
E Gilbert lo fa, tra l'altro, con un linguaggio ironico e aggraziato che a tratti sfiora l'esilarante. Due esempi: Per l'LSD vale lo stesso discorso che per Chauser: divertente, forse anche importante, ma una volta è più che sufficiente Pag. 33. Oppure: Le infermiere, a quanto pare, sono passate attraverso la propria versione del Concilio Vaticano II. Al giorno d'oggi si vestono da lesbiche. Pag.112.
Però sul contenuto andrebbero fatti dei distinguo: Gilbert, purtroppo (e l'uso del purtroppo mi costa un po', lo devo ammettere) è figlio naturale del Pynchon più noioso, quello che, dopo i fasti di un innovazione linguistica senza precedenti, è vissuto sugli allori proponendo indigeste opere mortifere. E' figlio del De Lillo (curioso, Gilbert recentemente ha curato l'adattamento cinematografico di Endzone di De Lillo appunto) insopportabile e prolisso di Underworld e quella sua fottutissima pallina da baseball. Ed è parente dell'interminabile La scopa del sistema di Edgar F.Wallace. Insomma, lo scrittore americano (coi suoi colleghi) è affetto da una paranoia sesquipedale che lo porta ad dilatare oltre misura argomenti, profili, accenni e vie trasversali, realizzando poi alla fine un romanzo di quasi cinquecento pagine che avrebbe potuto essere scritto utilizzando la metà dei fogli.
Ma è un bel romanzo: articolato e suggestivo, con rimandi che portano alla cinematografia impegnato dei decenni scorsi (che so, Comma 22 o Qualcuno volò sul nido del cucculo). In più, proprio partendo dalla citazione di Ruesch, affrontando una tematica, che per motivi contingenti non può non sfiorare l'animalismo più estremo (anche se preso in esame con la stessa spocchia che potrebbero avere i mass media alla ricerca di una fuorviante verità).
Il problema che affronta Gilbert, tra una goliardata e una risata, è grosso. Giorni fa, in una trasmissione televisiva di Rai tre, Sandro Donati, ex allenatore della nazionale di atletica leggera, ex dirigente Coni ed ora responsabile presso il Ministero della Salute, dichiarava, a proposito dell'uso sempre più frequente di farmaci stimolanti tra i giovani, senza che nessuno prendesse atto dell'enormità dell'accusa che, siccome ormai la farmacologia contemporanea ha offerto quasi tutto per curare i malati, si rivolge a fabbricare "conforti" sempre più specifici per i sani. Per poi renderli malati.
Gilbert, affronta tutto questo con sufficiente preparazione. Se avesse avuto il coraggio di andare oltre, sarebbe stato davvero un bell'atto di accusa. Così I normali rimane un romanzo riuscito letterariamente, anche coi distinguo di cui sopra, ma "troppo" politicamente corretto nonostante gli accadimenti. Sarà per la prossima volta. Intanto, vi prego, ripubblicate Imperatrice nuda.
di Alfredo Ronci
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