RECENSIONI
Angelo Petrella
La città perfetta
Garzanti, Pag. 507 Euro 17,60
Titolo inequivocabilmente provocatorio, ma senza risse verbali. Nel senso che si dà patente di perfezione ad una città che è simbolo dell'imperfezione e della disorganizzazione, a meno che l'organizzazione non sia di tutt'altra specie.
E infatti di questo si parla: di camorra.
Di sicuro materia scottante, ma anche di assoluta attualità (mi chiedo quando non lo sia stata, in questo paese di false emergenze e di vere emergenze 'intoccabili') e di assoluto richiamo pubblicistico.
Io personalmente conto 3 (tre) romanzi di ambientazione camorristica negli ultimi mesi, e tutti e tre di autori napoletani: Acqua storta di L.R. Carrino (Meridiano Zero), Dieci di Andrej Longo (Adelphi) e appunto La città perfetta di Petrella (curiosità: i tre scrittori sono tutti 'parto' della Meridiano Zero, nel senso che Carrino vi debutta, ma gli esordi degli altri due sono entrambi della casa di Padova. Che il guru Marco Vicentini abbia il pallino per la delinquenza campana?)
In questo non ci sono tentennamenti, le cose si dicono chiare: La camorra lo sai meglio di me come funziona: nasce tra i poveri per tenere sotto controllo altri poveri. E allora per noi dello 'Stato?, come dici tu, è meglio avere amici al posto di sconosciuti. (Pag. 389).
Chi parla è Omissis, figura ambigua (ambiguissima, pari alla Loren 'circissima' di Pane, amore e...), un uomo dello Stato appunto che per tenere in mano il bandolo della matassa deve 'coabitare' con gli opposti schieramenti (che opposti spesso non sono e se volessimo usare una formula politica in voga negli anni settanta ed inventata da uno che linguisticamente ci sapeva fare, Aldo Moro, diremmo: convergenze parallele).
Romanzo questo che, al di là della movimentata ambientazione (ci siamo però: a me ricorda molto James Ellroy, il marcio ed il poliziottume corrotto di Los Angeles) racconta dall'inizio alla fine la nascita, la crescita e la 'ufficializzazione' di un giovane che da semplice sbandato diventa capetto (chiamiamolo pure boss) della zona: Sanguetta.
Mi si dirà: ha valore rendere 'fiction' sostanza così pruriginosa ed infetta? Oppure è lecito sbandierare e sfogliare solo Gomorra? (ah due appunti. Primo: il libro di Saviano, costruito com'è, comunque sempre finzione letteraria rimane. Due: ma a voi non dà noia uno che un giorno sì ed uno no dice di voler andar via dall'Italia?). Rispondo: lecito tutto. In primis perché se l'argomento 'tira' è giusto che sia così (legge di mercato no?). Poi, da che esiste la letteratura, va bene il contenuto, ma gesummio conterà anche la forma no? Petrella in questo è abile, scaltro, ed efficace, con un linguaggio duro e appropriato e svelto. Linguaggio che si suole definire contemporaneo: spesso cazzotto allo stomaco. E di cazzi ed imprecazioni a fiotti.
La quarta di copertina dice: una scrittura che non concede nulla alla retorica. E vorrei vedere: in fondo è un libro questo, mica una riunione di palazzo o una seduta del parlamento. Ma non adatto a tutti. La donzelletta che vien dalla campagna in sur calar del sole e che legge la Allende o Coelho, che se ne fa?
di Alfredo Ronci
E infatti di questo si parla: di camorra.
Di sicuro materia scottante, ma anche di assoluta attualità (mi chiedo quando non lo sia stata, in questo paese di false emergenze e di vere emergenze 'intoccabili') e di assoluto richiamo pubblicistico.
Io personalmente conto 3 (tre) romanzi di ambientazione camorristica negli ultimi mesi, e tutti e tre di autori napoletani: Acqua storta di L.R. Carrino (Meridiano Zero), Dieci di Andrej Longo (Adelphi) e appunto La città perfetta di Petrella (curiosità: i tre scrittori sono tutti 'parto' della Meridiano Zero, nel senso che Carrino vi debutta, ma gli esordi degli altri due sono entrambi della casa di Padova. Che il guru Marco Vicentini abbia il pallino per la delinquenza campana?)
In questo non ci sono tentennamenti, le cose si dicono chiare: La camorra lo sai meglio di me come funziona: nasce tra i poveri per tenere sotto controllo altri poveri. E allora per noi dello 'Stato?, come dici tu, è meglio avere amici al posto di sconosciuti. (Pag. 389).
Chi parla è Omissis, figura ambigua (ambiguissima, pari alla Loren 'circissima' di Pane, amore e...), un uomo dello Stato appunto che per tenere in mano il bandolo della matassa deve 'coabitare' con gli opposti schieramenti (che opposti spesso non sono e se volessimo usare una formula politica in voga negli anni settanta ed inventata da uno che linguisticamente ci sapeva fare, Aldo Moro, diremmo: convergenze parallele).
Romanzo questo che, al di là della movimentata ambientazione (ci siamo però: a me ricorda molto James Ellroy, il marcio ed il poliziottume corrotto di Los Angeles) racconta dall'inizio alla fine la nascita, la crescita e la 'ufficializzazione' di un giovane che da semplice sbandato diventa capetto (chiamiamolo pure boss) della zona: Sanguetta.
Mi si dirà: ha valore rendere 'fiction' sostanza così pruriginosa ed infetta? Oppure è lecito sbandierare e sfogliare solo Gomorra? (ah due appunti. Primo: il libro di Saviano, costruito com'è, comunque sempre finzione letteraria rimane. Due: ma a voi non dà noia uno che un giorno sì ed uno no dice di voler andar via dall'Italia?). Rispondo: lecito tutto. In primis perché se l'argomento 'tira' è giusto che sia così (legge di mercato no?). Poi, da che esiste la letteratura, va bene il contenuto, ma gesummio conterà anche la forma no? Petrella in questo è abile, scaltro, ed efficace, con un linguaggio duro e appropriato e svelto. Linguaggio che si suole definire contemporaneo: spesso cazzotto allo stomaco. E di cazzi ed imprecazioni a fiotti.
La quarta di copertina dice: una scrittura che non concede nulla alla retorica. E vorrei vedere: in fondo è un libro questo, mica una riunione di palazzo o una seduta del parlamento. Ma non adatto a tutti. La donzelletta che vien dalla campagna in sur calar del sole e che legge la Allende o Coelho, che se ne fa?
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