ATTUALITA'
Laura Liberale
La lettera

Incazzatissimo Alfredo Ronci,
niente di meno che sottosopra, a patonza di fuori?
Ti scrivo, permettendomi di darti del tu (parto dal presupposto che con l'esposizione delle pudende scatti automaticamente la confidenzialità), in quanto decisamente provata dalle tue parole circa il mio libro e me.
Stamattina mi sono svegliata con un lampeggiante in testa, e il lampeggiante era titolato "VomitevoleVomitevoleVomitevole".
Non è per la recensione negativa in sé (ci mancherebbe), ma per tanta rabbia e tanto disgusto.
Lo so che tutto è stato scritto e detto sul tema (e fatto, aggiungerei). Non era mia intenzione calvalcare furbescamente l'onda della trasgressione, credimi. Dopo i mondomovies degli anni '70, la BodyArt, Nitsch, Orlan, Stelarc, Marcel lì, Brus... la mia Lucilla Pezzi è quasi naif. Il mio piccolo libro (che proprio giorni fa è stato definito, molto correttamente secondo me, come appartenente al genere del "compianto") nasce dall'elaborazione del lutto per la morte di mio padre e ha dato vita a tutto un immaginario esterno (riesco a parlare di lui e della sua malattia davvero solo nelle poesie). È stato riscritto per ben tre volte, nell'arco di tre anni, per cui non è certo frutto di una qualche furbata strategica volta a vendere. È invece frutto di tanti approfondimenti, soprattutto a livello sociologico, di tante letture, di tante domande. Una su tutte: mio padre era appena morto e di colpo sembrava che fosse diventato tabù. Non ero più titolata a toccarlo, a prendermene cura, dovevo lasciarlo nelle mani di specialisti. Perché?
È stata questa domanda a far scattare tutto: fiere funebri (estremizzazioni narrative di realtà legittimamente esistenti da più di un decennio), trattamenti cadaverici, necrofilia di stampo ottocentesco, ossessioni familiari, immortalità artistica, suggestioni dark (anche in seguito a un mio percorso musicale), culto odierno dell'eterna giovinezza e dell'abolizione del tempo, polemica contro la società dei consumi...
Ho cercato di spiegare tutto questo in una bella intervista online di Giuseppe Iannozzi. Se ti va, dacci un occhio.
Ma, ti assicuro, ho un profondo rispetto della parola e sono una persona onesta.
Ho fatto ciò che potevo con seria onestà.
Ora, con te, sto cercando il contatto con l'uomo dietro e oltre la "terribile recensione".
In effetti, ciò che mi preme più di tutto è una rassicurazione.
Mi aspetterai al varco con il secondo libro (nel frattempo potresti leggerti la mia raccoltina poetica, uscita con la d'If di Napoli, se prometti di non massacrarmi anche sul tema della maternità, perché allora sì che tiro fuori le unghie... cuore di mamma)?
Rispondimi, per favore. La mia patonza ha bisogno impellente di rassicurazioni.
Per il momento, che dici, la salviamo?
laura (guarda che già di mio lo scrivo con la minuscola).
niente di meno che sottosopra, a patonza di fuori?
Ti scrivo, permettendomi di darti del tu (parto dal presupposto che con l'esposizione delle pudende scatti automaticamente la confidenzialità), in quanto decisamente provata dalle tue parole circa il mio libro e me.
Stamattina mi sono svegliata con un lampeggiante in testa, e il lampeggiante era titolato "VomitevoleVomitevoleVomitevole".
Non è per la recensione negativa in sé (ci mancherebbe), ma per tanta rabbia e tanto disgusto.
Lo so che tutto è stato scritto e detto sul tema (e fatto, aggiungerei). Non era mia intenzione calvalcare furbescamente l'onda della trasgressione, credimi. Dopo i mondomovies degli anni '70, la BodyArt, Nitsch, Orlan, Stelarc, Marcel lì, Brus... la mia Lucilla Pezzi è quasi naif. Il mio piccolo libro (che proprio giorni fa è stato definito, molto correttamente secondo me, come appartenente al genere del "compianto") nasce dall'elaborazione del lutto per la morte di mio padre e ha dato vita a tutto un immaginario esterno (riesco a parlare di lui e della sua malattia davvero solo nelle poesie). È stato riscritto per ben tre volte, nell'arco di tre anni, per cui non è certo frutto di una qualche furbata strategica volta a vendere. È invece frutto di tanti approfondimenti, soprattutto a livello sociologico, di tante letture, di tante domande. Una su tutte: mio padre era appena morto e di colpo sembrava che fosse diventato tabù. Non ero più titolata a toccarlo, a prendermene cura, dovevo lasciarlo nelle mani di specialisti. Perché?
È stata questa domanda a far scattare tutto: fiere funebri (estremizzazioni narrative di realtà legittimamente esistenti da più di un decennio), trattamenti cadaverici, necrofilia di stampo ottocentesco, ossessioni familiari, immortalità artistica, suggestioni dark (anche in seguito a un mio percorso musicale), culto odierno dell'eterna giovinezza e dell'abolizione del tempo, polemica contro la società dei consumi...
Ho cercato di spiegare tutto questo in una bella intervista online di Giuseppe Iannozzi. Se ti va, dacci un occhio.
Ma, ti assicuro, ho un profondo rispetto della parola e sono una persona onesta.
Ho fatto ciò che potevo con seria onestà.
Ora, con te, sto cercando il contatto con l'uomo dietro e oltre la "terribile recensione".
In effetti, ciò che mi preme più di tutto è una rassicurazione.
Mi aspetterai al varco con il secondo libro (nel frattempo potresti leggerti la mia raccoltina poetica, uscita con la d'If di Napoli, se prometti di non massacrarmi anche sul tema della maternità, perché allora sì che tiro fuori le unghie... cuore di mamma)?
Rispondimi, per favore. La mia patonza ha bisogno impellente di rassicurazioni.
Per il momento, che dici, la salviamo?
laura (guarda che già di mio lo scrivo con la minuscola).
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