RECENSIONI
Mauro Covacich
La sposa
Bompiani, Pag. 190 Euro 16,00
Chi non avesse capito la propensione di Covacich a cogliere l’anima delle città, chi scambiasse per descrizioni i folgoranti squarci che ne svelano le interiora come colpi di bisturi, chi non riconoscesse la città come coprotagonista di molti dei suoi racconti, perderebbe una delle dimensioni fondamentali per apprezzarne l’opera. Avendo avuto l’occasione di leggere ‘Trieste sottosopra’ durante un viaggio a Trieste e dintorni (è sempre mia abitudine accompagnare i viaggi con libri attinenti ai luoghi, al di là delle semplici guide turistiche, e per l’occasione avevo reclutato anche Magris con il suo Microcosmi) ero forse già sensibilizzata a gustare questo peculiare aspetto.
Ho sempre amato questa libertà pasticciona. Pordenone si è vestita in fretta. Fino all’altro ieri era nuda e non aveva specchi. Venezia è lontana, Trieste pure. Da Udine non ha mai voluto copiare. E allora è uscita così: le scarpe col tacco, la tuta da ginnastica, il rossetto fucsia, il cerchietto in testa. Via Oberdan è lo Strip di Las Vegas senza il colossal festoso del casino, ma con lo stesso deserto intorno. E’ nata dal niente, piccolo azzardo del Nevada friulano, e solo ciò che è stato niente può diventare tutto.
I diciassette racconti che compongono il libro pescano i temi dall’attualità, che a volte è l’attualità della cronaca, a volte è un’attualità autobiografica, a volte è cronaca fantasticata.
Il primo, che dà il titolo al libro, è ispirato alla storia di Pippa Bacca, l’artista che percorreva il mondo vestita da sposa per dimostrare che il mondo è buono, ed ebbe in sorte di dimostrarne la cattiveria. Poi altre storie, per lo più italiane, che a volte si insinuano nella cronaca tracciandovi la crepa di uno sguardo minimalista e perciò acuto, libero e spietato. Spesso umoristico, talvolta agghiacciante.
Gustosa e commovente è la battaglia interiore, perdente, di un sacerdote polacco contro le tentazioni della carne, specie quando da evidenti riferimenti si capisce che non si tratta di un prete comune, ma di un predestinato a un altissimo ruolo (Atti impuri). Covacich entra con il lettore nella psiche dei personaggi, e lo fa anche quando starci dentro è imbarazzante e scomodo. In Tor Bella Monaca esplora in maniera spietata la mente di un ragazzo di borgata, con i suoi desideri e le sue frustrazioni, e soprattutto ne rivela la condizione di vuoto che porterà a conseguenze terribili. Anche qui la città fa da controcanto guadagnandosi un ruolo di primo piano.
Le storie sono varie, spaziano da situazioni inverosimili - ma questo non vuol dire poi che non siano vere - a scorci di illuminata semplicità, fino a stralci autobiografici che offrono il destro a considerazioni sociologiche. Fra questi Sterilità in cui, mentre gioca di gusto con il nipotino, l’Autore ribadisce a se stesso le ragioni della propria non riproduzione. Con lucidità quasi feroce contrappone le spocchiose mestizie degli sterili per scelta alle arroganti fatiche dei fertili per vocazione.
Mentre i genitori pensano che in fondo almeno qualcosa di buono nella vita hanno combinato, invece non è vero, neanche loro hanno combinato niente, semmai stanno spacciando come gesto di generosità verso il prossimo un impulso cripto narcisistico. Riprodursi non è né buono né cattivo. Non siete voi a riprodurre la vita, ma è la vita a riprodursi attraverso i vostri corpi.
Agghiaccianti safari umani (Safari) e pericolose convivenze con i lupi (La casa dei lupi) rendono sensazionali i temi di alcuni racconti, ma è spesso il quotidiano a mostrare aspetti insolitamente interessanti. Capolavori di minimalismo sono ad esempio Il punzonatore e L’uomo-che soffia in cui spirito di osservazione e ironia trasformano i materiali più semplici in bocconcini ghiotti. Nel secondo si racconta il casuale ma non banale rapporto fra l’Autore, che va a correre nel parco, e un uomo che nello stesso parco lavora alla raccolta delle foglie secche.
Si trattava di un’ostilità viscerale, primigenia, del tutto evidente ancorché ben controllata. La mia apparizione, in quello che anche lui come me considerava il proprio territorio, lo devastava. Io rappresentavo tutto ciò che non doveva esistere: lo spreco, l’inutilità blasfema, un adulto sano che dilapidava le fresche energie del mattino…
E anche qui, fra l’altro, bellissime pennellate per collocare il racconto dei fatti dentro il ritratto di un città.
di Giovanna Repetto
Ho sempre amato questa libertà pasticciona. Pordenone si è vestita in fretta. Fino all’altro ieri era nuda e non aveva specchi. Venezia è lontana, Trieste pure. Da Udine non ha mai voluto copiare. E allora è uscita così: le scarpe col tacco, la tuta da ginnastica, il rossetto fucsia, il cerchietto in testa. Via Oberdan è lo Strip di Las Vegas senza il colossal festoso del casino, ma con lo stesso deserto intorno. E’ nata dal niente, piccolo azzardo del Nevada friulano, e solo ciò che è stato niente può diventare tutto.
I diciassette racconti che compongono il libro pescano i temi dall’attualità, che a volte è l’attualità della cronaca, a volte è un’attualità autobiografica, a volte è cronaca fantasticata.
Il primo, che dà il titolo al libro, è ispirato alla storia di Pippa Bacca, l’artista che percorreva il mondo vestita da sposa per dimostrare che il mondo è buono, ed ebbe in sorte di dimostrarne la cattiveria. Poi altre storie, per lo più italiane, che a volte si insinuano nella cronaca tracciandovi la crepa di uno sguardo minimalista e perciò acuto, libero e spietato. Spesso umoristico, talvolta agghiacciante.
Gustosa e commovente è la battaglia interiore, perdente, di un sacerdote polacco contro le tentazioni della carne, specie quando da evidenti riferimenti si capisce che non si tratta di un prete comune, ma di un predestinato a un altissimo ruolo (Atti impuri). Covacich entra con il lettore nella psiche dei personaggi, e lo fa anche quando starci dentro è imbarazzante e scomodo. In Tor Bella Monaca esplora in maniera spietata la mente di un ragazzo di borgata, con i suoi desideri e le sue frustrazioni, e soprattutto ne rivela la condizione di vuoto che porterà a conseguenze terribili. Anche qui la città fa da controcanto guadagnandosi un ruolo di primo piano.
Le storie sono varie, spaziano da situazioni inverosimili - ma questo non vuol dire poi che non siano vere - a scorci di illuminata semplicità, fino a stralci autobiografici che offrono il destro a considerazioni sociologiche. Fra questi Sterilità in cui, mentre gioca di gusto con il nipotino, l’Autore ribadisce a se stesso le ragioni della propria non riproduzione. Con lucidità quasi feroce contrappone le spocchiose mestizie degli sterili per scelta alle arroganti fatiche dei fertili per vocazione.
Mentre i genitori pensano che in fondo almeno qualcosa di buono nella vita hanno combinato, invece non è vero, neanche loro hanno combinato niente, semmai stanno spacciando come gesto di generosità verso il prossimo un impulso cripto narcisistico. Riprodursi non è né buono né cattivo. Non siete voi a riprodurre la vita, ma è la vita a riprodursi attraverso i vostri corpi.
Agghiaccianti safari umani (Safari) e pericolose convivenze con i lupi (La casa dei lupi) rendono sensazionali i temi di alcuni racconti, ma è spesso il quotidiano a mostrare aspetti insolitamente interessanti. Capolavori di minimalismo sono ad esempio Il punzonatore e L’uomo-che soffia in cui spirito di osservazione e ironia trasformano i materiali più semplici in bocconcini ghiotti. Nel secondo si racconta il casuale ma non banale rapporto fra l’Autore, che va a correre nel parco, e un uomo che nello stesso parco lavora alla raccolta delle foglie secche.
Si trattava di un’ostilità viscerale, primigenia, del tutto evidente ancorché ben controllata. La mia apparizione, in quello che anche lui come me considerava il proprio territorio, lo devastava. Io rappresentavo tutto ciò che non doveva esistere: lo spreco, l’inutilità blasfema, un adulto sano che dilapidava le fresche energie del mattino…
E anche qui, fra l’altro, bellissime pennellate per collocare il racconto dei fatti dentro il ritratto di un città.
di Giovanna Repetto
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Mauro Covacich
Trieste Sottosopra
Laterza, Pag. 121 Euro 9,00Ogni volta che si visita una città ci vorrebbe un libriccino così. Non che le guide non servano, con le loro informazioni indispensabili, ma non rendono l'anima del luogo. Per questo mi piace, incontrando una città nuova, aggirarmi in qualche libreria ben fornita fiutando l'aria, in cerca di qualcosa che aiuti a vedere la città da dentro, a percepire gli umori di chi ci abita, a capire quali ricordi la città può aver regalato a un'infanzia. Tanto più è vero per Trieste, che come dice Covacich è una città piena di contraddizioni. Asburgica e irredentista, carsica e marinara, mitteleuropea e mediterranea, individualista e cosmopolita, severa e godereccia.
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