RECENSIONI
Luca Masali
La vergine delle ossa
Castelvecchi, Pag. 433 Euro 18,00
Non di sola realtà si nutre la fantasia dello scrittore diceva Gadda (in realtà non diceva così e non so nemmeno se avrebbe apprezzato l'ossimoro... l'ingegnere s'industriò a dire la sua a proposito del neorealismo e degli spropositi ad esso collegati). Mi chiedo però: di cosa si nutre l'artigiano di lettere (Agatha Christie diceva di sé che realizzava onesti manufatti e nulla più) quando sballotta la realtà e ciancica la storia?
Domanda per me preziosa, più di quanto si possa intuire, ammettendo che s'intuisca qualcosa. Perché coercizzare il passato per i propri fini può avere un relativo valore (e dico relativo) se poi questo aiuta a realizzare e comprendere il presente, altrimenti mi sembra un'emerita minchiata o operazione di mercato (come quando si mostrano le chiappe al vento).
Noi italiani (ammetto minor conoscenza di altre 'etnie') abbiamo sempre mantenuto una certa misura rispetto ad altre produzioni: penso agli americani che resuscitano pure i dinosauri e producono saghe 'celestiali'. Noi si ha un senso quasi politico della finzione, nel significato che non ci si distanzia troppo dal reale per una sorta di rispetto nei confronti del quotidiano (tranne nei momenti in cui la finzione è nascondiglio dei misfatti e dei suoi regimi).
Però negli ultimi tempi qualcosa è cambiato: vedo un'apertura al meraviglioso (Solmi docet) che forse lo è troppo. E si raccoglie un'eredità che nei pochi casi riusciti è preziosa, negli altri son quisquiglie e pizillacchere, come avrebbe detto Totò.
Veniamo a noi: Luca Masali è un onesto artigiano che da anni ormai 'gioca' con la storia: mi ricordo pure quell'avventura uraniana de I biplani di D'Annunzio ed anche una personalissima diatriba con lui a proposito dei maestri di riferimento. Il suo ultimo romanzo La vergine delle ossa conferma le mie già annose impressioni: capacità quasi elettiva di cavar sangue da rape. E dovrebbe essere un bel complimento se colto nella giusta maniera: sì perché da singoli episodi, o da personaggi discutibili o meno, ricava materia per la sua arte, per la sua scrittura piana e convincente, per la sua finzione 'anglosassone'.
I più furbi diranno: l'ha pizzicato nel riferimento ad una letturatura non indigena. E certo che sì! Perché Masali secondo me ciancica un po' troppo la storia, la stiracchia a suo piacimento per rendere appetibile la pietanza. Ma si sa che il troppo sapore stroppia.
Ne La vergine delle ossa ne combina delle belle: rende matto Salgari (ma non era la moglie?), s'imparenta al grandguignol più spinto sulla scia di una tradizione noir del serial killer un po' appannato ormai, riquadra Lombroso una volta scienziato pazzo (a ragione), una volta credulone di sensitive ed una volta nietzschianamente umano troppo umano (esagerato!). Per non parlare di ossa di pollo, di uccelli, di cristiani e sculture di ossa (credo) che nella realtà esistono ed una in particolare, ispirazione del romanzo, è opera di un artista singolare finito in manicomio: Francesco Toris.
Davvero tutto troppo anomalo. Pure il sottotitolo è deviante: Cesare Lombroso indaga. Mica vero. Ci sono altri personaggi che lo fanno meglio di lui, a cominciare da Marianna che forse s'innamora del pazzerello Salgari, dal carabiniere U.G che ha un passato oscuro e persino dalla prosperosa sensitiva Eusabia.
Insomma si è capito: Masali costruisce un quadro di riferimenti che va preso cum grano salis, ma lo fa con sapienziale abilità. Si potrebbe dire: un cialtrone con talento nemmeno troppo nascosto.
di Alfredo Ronci
Domanda per me preziosa, più di quanto si possa intuire, ammettendo che s'intuisca qualcosa. Perché coercizzare il passato per i propri fini può avere un relativo valore (e dico relativo) se poi questo aiuta a realizzare e comprendere il presente, altrimenti mi sembra un'emerita minchiata o operazione di mercato (come quando si mostrano le chiappe al vento).
Noi italiani (ammetto minor conoscenza di altre 'etnie') abbiamo sempre mantenuto una certa misura rispetto ad altre produzioni: penso agli americani che resuscitano pure i dinosauri e producono saghe 'celestiali'. Noi si ha un senso quasi politico della finzione, nel significato che non ci si distanzia troppo dal reale per una sorta di rispetto nei confronti del quotidiano (tranne nei momenti in cui la finzione è nascondiglio dei misfatti e dei suoi regimi).
Però negli ultimi tempi qualcosa è cambiato: vedo un'apertura al meraviglioso (Solmi docet) che forse lo è troppo. E si raccoglie un'eredità che nei pochi casi riusciti è preziosa, negli altri son quisquiglie e pizillacchere, come avrebbe detto Totò.
Veniamo a noi: Luca Masali è un onesto artigiano che da anni ormai 'gioca' con la storia: mi ricordo pure quell'avventura uraniana de I biplani di D'Annunzio ed anche una personalissima diatriba con lui a proposito dei maestri di riferimento. Il suo ultimo romanzo La vergine delle ossa conferma le mie già annose impressioni: capacità quasi elettiva di cavar sangue da rape. E dovrebbe essere un bel complimento se colto nella giusta maniera: sì perché da singoli episodi, o da personaggi discutibili o meno, ricava materia per la sua arte, per la sua scrittura piana e convincente, per la sua finzione 'anglosassone'.
I più furbi diranno: l'ha pizzicato nel riferimento ad una letturatura non indigena. E certo che sì! Perché Masali secondo me ciancica un po' troppo la storia, la stiracchia a suo piacimento per rendere appetibile la pietanza. Ma si sa che il troppo sapore stroppia.
Ne La vergine delle ossa ne combina delle belle: rende matto Salgari (ma non era la moglie?), s'imparenta al grandguignol più spinto sulla scia di una tradizione noir del serial killer un po' appannato ormai, riquadra Lombroso una volta scienziato pazzo (a ragione), una volta credulone di sensitive ed una volta nietzschianamente umano troppo umano (esagerato!). Per non parlare di ossa di pollo, di uccelli, di cristiani e sculture di ossa (credo) che nella realtà esistono ed una in particolare, ispirazione del romanzo, è opera di un artista singolare finito in manicomio: Francesco Toris.
Davvero tutto troppo anomalo. Pure il sottotitolo è deviante: Cesare Lombroso indaga. Mica vero. Ci sono altri personaggi che lo fanno meglio di lui, a cominciare da Marianna che forse s'innamora del pazzerello Salgari, dal carabiniere U.G che ha un passato oscuro e persino dalla prosperosa sensitiva Eusabia.
Insomma si è capito: Masali costruisce un quadro di riferimenti che va preso cum grano salis, ma lo fa con sapienziale abilità. Si potrebbe dire: un cialtrone con talento nemmeno troppo nascosto.
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