RECENSIONI
Jean-Marie G. Le Clezio
Le due vite di Laila
ilSaggiatore, Pag. 186 Euro 12,00
Avevo due vite. Di giorno, con Houriya, le pulizie dalla mia redattrice e la spesa nel quartiere cinese, dove tutti mi trovavano molto gentile. Andavo anche a vedere Nono mentre si allenava nella sua palestra pugilistica, a Barbès (...) La notte, tutto cambiava. Diventavo uno scarafaggio. Andavo a raggiungere gli altri scarafaggi, alla stazione Tolbiac, ad Austerlitz, a Réaumur-Sébastopol. A me questa ragazzina di colore rapita dal suo villaggio quando era piccola, poi allevata da una nord africana, che si esprime con molta elementarietà,ma che poi rivela doti innate come quella di suonare il piano e cantare canzoni di Nina Simone, o che conosce Al di la del bene e del male di Nietzsche o che si presenta come niente fosse al baccalaureato come privatista, sezione letteraria, non mi convince punto. Mi vien da pensare: incongruo.
Qualcuno dirà che bestemmio se ho trovato insopportabile il modo di scrivere di Salinger quando racconta le vicende di Holden Caufield (ma perché quando leggo di scrittori che si esprimono alla stregua di bambini non mi viene l'orticaria?), figuriamoci il modo di esprimersi di Laila (quindi di Clezio) che sempre insoddisfatta gira mezzo mondo per cercar di capire qualcosa di se stessa.
Non conosco alla perfezione il premio Nobel della letteratura del 2008 per esprimere un giudizio concreto e definitivo (per me, ovvio) sulla sua arte ma, permettetemi l'appunto banale e per nulla sesquipedale, se il buongiorno si vede dal mattino... il mattino è piuttosto grigio.
La storia di Laila risulta, per quanto possa essere presa di sana pianta da qualsiasi vita svissuta di qualsiasi emarginato in qualsiasi parte del mondo, poco credibile, non perché impropria e 'surreale', quanto perché nella sua lineare riproducibilità mostra i segni di un ricalco già sentito, visto e letto.
Insomma la solita pippa di esistenza ai limiti del lecito e della sofferenza (insofferenza).
Non voglio qui polemizzare coi premi Nobel (quest'anno decisamente loffi, in vari ambiti della genìa umana), ma la lettura di Clezio non ha sortito effetto alcuno, anzi, a tratti s'è rischiato l'ammoscio.
Dice in un passo del romanzo: I romanzi sono merda. Non c'è niente dentro, né verità, né menzogna. Soltanto aria. Direi che non sempre la regola vale, anche se spesso la scatologia pervade le pagine di scrittori vecchie e nuovi, però detto da chi poco convince per la sua evanescenza e la sua 'leggerezza' ci dà da pensare.
Visto che l'autore parla di aria mi verrebbe da dire: hei Clezio, attento agli spifferi! Ma sarebbe una semplice boutade. Ci interessa capire dove la sostanza attuale e pregnante (la condizione degli extracomunitari) risulta passata e muffita. Non me ne voglia il francese, ma ad una storia come la sua preferirei assistere ad un concerto dell'orchestra 'etnica' di Piazza Vittorio. E magari tenterei audacemente anche una sgambata.
di Alfredo Ronci
Qualcuno dirà che bestemmio se ho trovato insopportabile il modo di scrivere di Salinger quando racconta le vicende di Holden Caufield (ma perché quando leggo di scrittori che si esprimono alla stregua di bambini non mi viene l'orticaria?), figuriamoci il modo di esprimersi di Laila (quindi di Clezio) che sempre insoddisfatta gira mezzo mondo per cercar di capire qualcosa di se stessa.
Non conosco alla perfezione il premio Nobel della letteratura del 2008 per esprimere un giudizio concreto e definitivo (per me, ovvio) sulla sua arte ma, permettetemi l'appunto banale e per nulla sesquipedale, se il buongiorno si vede dal mattino... il mattino è piuttosto grigio.
La storia di Laila risulta, per quanto possa essere presa di sana pianta da qualsiasi vita svissuta di qualsiasi emarginato in qualsiasi parte del mondo, poco credibile, non perché impropria e 'surreale', quanto perché nella sua lineare riproducibilità mostra i segni di un ricalco già sentito, visto e letto.
Insomma la solita pippa di esistenza ai limiti del lecito e della sofferenza (insofferenza).
Non voglio qui polemizzare coi premi Nobel (quest'anno decisamente loffi, in vari ambiti della genìa umana), ma la lettura di Clezio non ha sortito effetto alcuno, anzi, a tratti s'è rischiato l'ammoscio.
Dice in un passo del romanzo: I romanzi sono merda. Non c'è niente dentro, né verità, né menzogna. Soltanto aria. Direi che non sempre la regola vale, anche se spesso la scatologia pervade le pagine di scrittori vecchie e nuovi, però detto da chi poco convince per la sua evanescenza e la sua 'leggerezza' ci dà da pensare.
Visto che l'autore parla di aria mi verrebbe da dire: hei Clezio, attento agli spifferi! Ma sarebbe una semplice boutade. Ci interessa capire dove la sostanza attuale e pregnante (la condizione degli extracomunitari) risulta passata e muffita. Non me ne voglia il francese, ma ad una storia come la sua preferirei assistere ad un concerto dell'orchestra 'etnica' di Piazza Vittorio. E magari tenterei audacemente anche una sgambata.
di Alfredo Ronci
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