RECENSIONI
Federica de Paolis
Via di qui
Fazi, Pag. 223 Euro 14,50
Via di qui è un itinerario. Negli anfratti di una città troppo grande per intrattenere relazioni sociali, ma piccola come un antico paese in cui rivivono sempre le stesse dinamiche: Roma.
Il libro è una raccolta di racconti che parlano di un microcosmo dove la solitudine vive e cammina inerpicandosi per strade e sentieri di alienazione. Dove si può sbirciare dalla finestra uno scenario agognato e distante che si crede di capire ma non si arriva mai a comprendere perfettamente, dove i contorni e le forme appaiono sfocati. Dove la violenza è una via di fuga, dove il destino non da scampo. Un mondo in cui l'amore si sospira restando costantemente in attesa.
Il linguaggio non serve allo scopo di comunicare, la comprensione sfugge tra feticci linguistici, abitudini refrattarie al cambiamento. Ogni categoria del pensiero non è più chiave di lettura, ma sagoma spesso stanca e frustrante. I genitori che non capiscono i figli, gli amanti che non prestano attenzione all'oggetto amato, i giovani che non hanno voglia di ascoltare e i vecchi che avanzano imperturbabili.
Capita così che l'ex pugile Mario sogni un amore sensuale che trova corpo soltanto in un pestaggio. Accade che il ricordo sia una scelta che non va presa. Che ci si inventi persone che non esistono o non sono più per avere compagnia. Che si provi a liberarsi di un amore che fa male ma tiene legati in una morsa ineludibile. Si cerca la cosa opportuna da fare, si prova ad essere dalla parte giusta, che sia giusta per legge o per convinzione poco importa, è pur sempre meglio agire e provare. A trovare l'amore, a scoprire il colpevole, a lasciare tutto. Per sentirsi meglio, per ritardare ancora un po' il senso di vuoto.
Quello che l'autrice ci fa capire è che ogni storia ha una ideale scenografia, che gli avvenimenti sono congiunti ai luoghi, che le pareti delle case sono organismi che respirano, che le topografie delle città sono strettamente connnesse con quanto vi accade. Altrove non si potrebbe pensare le stesse cose, non si troverebbero le stesse parole, e i sentimenti avrebbero tutt'altra sostanza.
Ma a volte la casa è un luogo ideale che si materializza ogni qualvolta c'è qualcuno con noi, la cui importanza lo riveste di un ruolo di speciale accudimento che ci fa sentire protetti e al sicuro.
La scrittura di Federica è a volte tersa e intellegibile, chiara e immediata. Altre volte dà corpo ai personaggi attraverso le parole che userebbero loro, ripetizioni, forme dialettali, locuzioni ricorrenti. La narrazione è riuscita anche se a volte perde qualche filo che dimentica di riannodare. Confesso di avere chiuso alcuni racconti con un punto interrogativo. Ma anche nello spazio di poche righe l'autrice riesce comunque a comunicare qualcosa: che sia un'indicibile tenerezza, un senso di ansia o frustrazione, un'indignazione che serpeggia per ore.
Una piacevole compagnia nei giorni del ritorno alla quotidianità del dopo vacanze. Che le serate fresche da lettura sono in arrivo.
di Enrica Murru
Il libro è una raccolta di racconti che parlano di un microcosmo dove la solitudine vive e cammina inerpicandosi per strade e sentieri di alienazione. Dove si può sbirciare dalla finestra uno scenario agognato e distante che si crede di capire ma non si arriva mai a comprendere perfettamente, dove i contorni e le forme appaiono sfocati. Dove la violenza è una via di fuga, dove il destino non da scampo. Un mondo in cui l'amore si sospira restando costantemente in attesa.
Il linguaggio non serve allo scopo di comunicare, la comprensione sfugge tra feticci linguistici, abitudini refrattarie al cambiamento. Ogni categoria del pensiero non è più chiave di lettura, ma sagoma spesso stanca e frustrante. I genitori che non capiscono i figli, gli amanti che non prestano attenzione all'oggetto amato, i giovani che non hanno voglia di ascoltare e i vecchi che avanzano imperturbabili.
Capita così che l'ex pugile Mario sogni un amore sensuale che trova corpo soltanto in un pestaggio. Accade che il ricordo sia una scelta che non va presa. Che ci si inventi persone che non esistono o non sono più per avere compagnia. Che si provi a liberarsi di un amore che fa male ma tiene legati in una morsa ineludibile. Si cerca la cosa opportuna da fare, si prova ad essere dalla parte giusta, che sia giusta per legge o per convinzione poco importa, è pur sempre meglio agire e provare. A trovare l'amore, a scoprire il colpevole, a lasciare tutto. Per sentirsi meglio, per ritardare ancora un po' il senso di vuoto.
Quello che l'autrice ci fa capire è che ogni storia ha una ideale scenografia, che gli avvenimenti sono congiunti ai luoghi, che le pareti delle case sono organismi che respirano, che le topografie delle città sono strettamente connnesse con quanto vi accade. Altrove non si potrebbe pensare le stesse cose, non si troverebbero le stesse parole, e i sentimenti avrebbero tutt'altra sostanza.
Ma a volte la casa è un luogo ideale che si materializza ogni qualvolta c'è qualcuno con noi, la cui importanza lo riveste di un ruolo di speciale accudimento che ci fa sentire protetti e al sicuro.
La scrittura di Federica è a volte tersa e intellegibile, chiara e immediata. Altre volte dà corpo ai personaggi attraverso le parole che userebbero loro, ripetizioni, forme dialettali, locuzioni ricorrenti. La narrazione è riuscita anche se a volte perde qualche filo che dimentica di riannodare. Confesso di avere chiuso alcuni racconti con un punto interrogativo. Ma anche nello spazio di poche righe l'autrice riesce comunque a comunicare qualcosa: che sia un'indicibile tenerezza, un senso di ansia o frustrazione, un'indignazione che serpeggia per ore.
Una piacevole compagnia nei giorni del ritorno alla quotidianità del dopo vacanze. Che le serate fresche da lettura sono in arrivo.
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