Cinema e Musica

Nulla si crea nulla si distrugge: 'What Matters Most '- Barbra Streisand Sings The Lyrics of Alan And Marilyn Bergman (Deluxe Edition).
Ci si può anche scherzare sopra (e gli americani lo hanno già fatto: chi ricorda la memorabile battuta – quel 'ma vaffanculo Barbra Streisand' – che illuminava un film divertente, ma tendenzialmente reazionario, come In & Out?), ma un disco della 'divina' non può essere liquidato come un'operazione del tempo che fu.
Ad essere sinceri i fans e le persone più accorte aspettavano questo disco da parecchio tempo: il flirt tra la Streisand e i coniugi Bergman dura ormai da almeno quarant'anni e la versione deluxe dell'oggetto ne è una profonda testimonianza.

Il Rock europeo che non ha nulla da invidiare al dominio anglo-sassone: I Deus e il loro capolavoro 'Keep You Close'.
Sono arrivati all'ottavo album. Chi l'avrebbe detto. O forse sì, almeno io l'avrei detto. Il gruppo di Anversa, Belgio, tornano dopo tre anni da Vantage Point, con un altro bellissimo, a tratti strepitoso lavoro. Si chiama Keep you close e contiene "solo" 9 tracce. Una più bella dell'altra a dire il vero. Troppo poche. Innanzitutto la title track, il singolo, 'Keep you close', oserei definirlo il singolo dell'anno senza alcun dubbio. Un pezzo che rimarrà nella storia del pop-rock al pari delle tante ballate dei Coldplay.

L'altro mondo: 'Celestial Circle' di Marilyn Mazur.
Per carità, non voglio aizzare la cagnara e riproporre l'annosa questione della cultura alta e del suo opposto, ma nella musica di Marilyn Mazur s'avverte una tensione diversa rispetto alle sonorità a cui siamo abituati (qualcuno obietterà: ma non sai che la ECM propone da secoli certe scelte?).
Lei, nonostante sia ancora intorno ai cinquanta, di strada ne ha fatta e soprattutto di gente ne ha incontrata: da Miles a Evans a Shorter e non tacciamo la collaborazione, nel disco precedente, col sax di Jan Garbarek.

Venti anni senza Serge Gainsbourg.
Un giorno come tanti e la voglia di iniziare le fatiche del quotidiano con note adeguate: vi è nella scelta della musica un affanno a volte imprevedibile, uno sforzo aggiuntivo. Stavolta la mano è andata sicura: un cd di un po' di anni fa di Jane Birkin, Arabesque, dove la chanteuse francese, con la sua voce fragile, ma liquida, fregandosene delle banlieuses che allora andavano a fuoco, innesta un meccanismo fascinoso di intruglio

Gli Horrors sfornano l'album più bello e la loro raffinazione musicale li porta lontani dalle emulazioni degli esordi.
Come spesso mi capita, vado in controtendenza. Gli Horrors degli inizi non si potevano quasi sentire. L'ennesima inutile scopiazzatura del revivalismo Joy Division. Primary Colors, il precedente album, portava in sé i germi di un minimo cambiamento, ma anche lì, assistevamo a questa ennesima parata di emuli a tratti imbarazzanti ("Who Can Say" era a dir poco fastidiosa per il livello di scimmiottamento degli echi di Ian Curtis & Co che portava con sé).

La topona sa cantare ma manca di coraggio: '4' di Beyoncé
Ne ha fatta di strada la bonazza: se si parla di culo (non fortuna) ha poche avversarie, se si parla di talento canoro qualcuna le è sopra (l'Oscar Jennifer Hudson è di un'altra categoria, l'anima le esce pure dagli occhi quando stende le note), ma è pur sempre un bel sentire.
L'impasto sonoro delle Destiny's child non la valorizzava, ora che s'impegna singolarmente le cose vanno decisamente meglio. Anche lei ha un'anima soul, sarebbe ingiusto e scorretto negargliela, ma purtroppo il business discografico e scelte non sempre oculate la costringono ad un repertorio non sempre azzeccato.

Ancora un trionfo dall'Islanda, il sontuoso voodoo-rock dei Dead Skeletons.
Che la morte, in tutto il suo orrore esistenziale, sia un momento magico, credo non ci siano dubbi. Che il rock l'abbia celebrata da sempre alimentando tante polemiche inutili, mi pare altrettanto scontato. Quando però spunta fuori un gruppo come i Dead Skeletons, dall'Islanda, e tira fuori un capolavoro genuino e spiazzante come questo Dead Magick, bè, c'è da leccarsi i baffi. E da danzare insieme al loro sound ipnotico. Un mantra.

Gli orchi vanno in vacanza
Il titolo dice abbastanza. Ci meritiamo una pausa. Breve. Perché il 18 agosto saremo di nuovo qui, a offrirvi novità e a dettarvi suggerimenti nonostante il mercato in quei giorni sarà ancora fermo. Ne approfitteremo per presentarvi qualcosa che durante l'anno ci è sfuggito. In attesa di altri eventi (ma quali??).
Buon sole e buon mare, perché come dice Elio de Le storie Tese ...in montagna ci si rompe il cazzo.

Il quarantesimo del Signor G.
Facciamo adesso un salto verso il mare. Il 2011 è il quarantesimo anniversario del debutto milanese de "Il Signor G". A Viareggio è esploso sabato e domenica 23 e 24 il Festival Teatro Canzone Giorgio Gaber. Un evento organizzato in grande, in primo luogo per il posto, la Cittadella del Carnevale, uno spazio che sembra Cape Canaveral. Un semicerchio di enormi hangar dove riposano i famosi carri allegorici, e al centro un grande palcoscenico e platea di tremila posti.

Lo straniamento dolce degli Antlers, fra suoni stellari e melodie accattivanti.
L'indie-rock migliore, che che ne dicano i tanti "esperti del settore", viene dagli Stati Uniti, non dall'Inghilterra. Un'altra delle testimonianze in questo senso viene da Brooklyn. Gli Antlers originano da lì. Sono al quarto album, due dei quali se li sono autoprodotti. (Ebbene sì anche negli Stati Uniti succede che un gruppo straordinario non riesca a trovare un'etichetta). Questo Burst Apart è un album incantevole. Un ripetersi di atmosfere suadenti, di vezzi vocali, di tristezze diluite in suoni espansi.
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