I Classici

Se i romanzi di De Pascalis diventano subito dei classici. Come 'Rosso Velabro'.
Che io sappia, nella narrativa italiana scrittori come Luigi De Pascalis non ci sono. Nel senso, non ci sono scrittori che non soltanto mostrano un forte talento nella scrittura in sé ma che si divertono a creare storie che sfuggono ai generi di riferimento. Sul nostro sito abbiamo tessuto le lodi del romanzo, "realista" La pazzia di Dio, uscito nel 2010 per La Lepre Edizioni. Sempre per la stessa casa editrice, alcuni mesi prima era riuscito questo Rosso velabro , sottotitolo "Delitti e magia nera nella Roma del IV secolo"

La guerra insolita di Nello Sàito: 'Maria e i soldati'.
Un libro inusuale, anche se materia e stile possono ricondurre ad una sorta di neorealismo appena 'fuori' dall'accademia. Inusuale nella sua costruzione rarefatta, in principio quasi 'fiabesca', nell'impegno a collocarlo in una dimensione più vicino al nostro sentire.
Perché Sàito, pur raccontando di guerra, di resistenza e partigianeria è lungi dal mitizzare quest'ultima e la sua innocenza.

E se le tirate non avessero senso? 'Lo sproloquio' di Giancarlo Marmori.
Anche questa è materia da maneggiare con cura.
Singolare destino quello del romanzo di Marmori. Fu pubblicato prima in Francia, anche perché l'autore dal 1951 viveva a Parigi e collaborando con quotidiani e settimanali italiani: e la critica transalpina ne apprezzò l'aspetto inusuale e antirealista (quanto fu osteggiato il realismo, il neo e quella parte consistente di letterati e letteratura che per un verso diventò una sorta di muro da abbattere con ogni mezzo!).

Un libro che non finisce mai di far discutere: 'Deviazione' di Luce D'Eramo.
Ricordo ancora con sgomento quando, in occasione della nuova edizione del libro, una nota informativa Mondadori scriveva che era in libreria la ristampa di Deiezione.
Chissà, ma mi viene da pensare ad un clamoroso lapsus dettato dall'esalazione che questo romanzo ha sempre emesso. A Roma si direbbe, cambiando totalmente espressione: un cagnaccio.
Verrebbe voglia, tutt'oggi, di dividersi nella valutazione, ed odiarlo, come nello stesso tempo amarlo.

Un simpatico e pazzerello futurista: Bruno Corra con 'Sam Dunn è morto'.
Dice Corra in una successiva ristampa al romanzo che uscì in prima edizione nel 1915: Questo che io ristampo, dunque, vuol essere semplicemente un racconto inconsueto, il quale si propone solo (bando alle tendenze, alle scoperte e alle rivelazioni!) d'interessare un pubblico ristretto di amatori del bizzarro.
Nonostante l'invito ad ignorare la 'moda' Corra appartiene di diritto alla corrente futurista, almeno fino a tutti gli anni venti (in seguito divenne autore di successo di romanzi di grosso richiamo),

Vita morte e miracoli di un uomo modesto: 'Memolo' di Enrico Emanuelli.
Titolo del pezzo (e sottotitolo del romanzo) già di per sé ossimorico: perché non t'aspetteresti da un uomo dimesso qualcosa che assomigli vagamente ad un miracolo, ad un tentativo di 'creare' un miracolo. Ed infatti nel personaggio di Emanuelli nulla fa pensare ad una soluzione del genere, perché l'aspirazione della persona rimane quella di diventare un pacifico abitatore d'una casetta, in aperta campagna, probabilmente sopra un poggio, da cui tra 'l filare di viti si fosse intravveduto il piano digradare lento, con un variar continuo di tinte sino a farsi azzurro e confondersi con l'aria.

Essere o non essere? Questo il problema di Gian Dàuli: 'La cabala bianca'.
Non è facile interpretare al meglio il titolo di questo fluviale ed onirico romanzo di Gian Dàuli. Escluderei la ritualistica ebraica e tutto ciò che ad essa è collegato. Mi parrebbe di più dar senso ad una condizione figurata del termine: tipo... fregatura. Dice infatti il protagonista, Carlo Filippo Valvai: Chi sei? Dove vai? Spiegami la vita! Spiegami la morte! Spiegami l'infinto! Cabala Bianca! Povero titolo che non dice nulla e che vorrebbe dir tutto. Pur tuttavia, è questa la storia vera della mia esistenza.

L'isola che non c'è: 'La spiaggia d'oro' di Raffaello Brignetti.
Ci si chiedeva qualcosa, e anche a proposito del Premio Strega, per Un gatto attraversa la strada di Giovanni Comisso: lì c'erano quadretti ben lontani dall'urgenza autobiografica dell'autore (su quale base si sceglie un candidato e poi un vincitore? Bella domanda). Qui, a proposito de La spiaggia d'oro, cosa può aver convinto i giurati ad assegnare il premio (1974) ad un romanzo di complessità metaforica e distante persino da una visione fiabesca della vita?

Un romanzo curioso di un uomo moderno: 'Purità' di Mario Mariani.
S'intenda 'purità' per purezza, ovvio. Ma Mariani che era uomo attento e anche un po' fumino, specifica nelle gustosissime note finali di questa edizione, che chiamerà 'comento', perché io non ho il coraggio futurista di foggiare il vocabolo postfazione, che Purità è soprattutto un sogno.
E vediamo di che tipo.
Trama che appare (anche ad una seconda lettura) succedanea alla letteratura d'appendice:

Cogli l'attimo, sembra voler dire. E ha colto l'eternità: 'Il mondo è una prigione' di Guglielmo Petroni.
Curioso come l'autore voglia determinare i fatti con estrema precisione e voler suggerire 'un cogli l'attimo' come se quello successivo potesse influire sulla memoria. Non si spiegherebbe l'affanno di Petroni di determinare la nascita di questo piccolo e straordinario libro.
Dice nella post-fazione dopo che su alcuni testi e articoli di giornale era apparsa la nota che l'anno di ideazione di Il mondo è una prigione fosse il 1949:
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