Cinema e Musica

Solo un disco per non morire: 'Generation indigo' di Poly Styrene
Della morte di Poly Styrene ne hanno parlato davvero in pochi. Ne hanno fatto cenno quei giornali che credono ancora nell'azione salvifica della musica e che hanno un rapporto diretto con gli artisti ed eventi meno mercificati della piazza. Eppure lei era stata l'eroina di un grido punk generazionale, insieme al gruppo degli X Ray Spex, che aveva attraversato il mondo ('Germ free adolescence') e anni dopo aveva tentato la carta della fascinazione con un album soffice ed onirico Translucence, che aveva spiazzato chi si aspettava il fuoco della distruzione o quanto meno il grido ribelle di un'anima in pena.

La ragazza scherza col fuoco: 'Lifelines' di Andrea Corr.
Quel che diciamo nel titolo è verissimo: la ragazza sta scherzando col fuoco e non sappiamo fino a che punto se ne renda conto. E si sa, se scherzi prima o poi ti rimangono i segni. E ci dispiacerebbe: lei è tanto bellina – lo dimostra il primo piano in copertina – e ha anche l'atteggiamento da femmina un po' fatale... peccato quella voce di cotone.
Intendiamoci: nulla da obiettare sulla voce – ognuno ha quello che madre natura regala – ma ho sempre pensato che ogni impostazione necessiti un repertorio

Gli Alieni sono cattivi, e in combutta coi governi, parola di "6 giorni sulla Terra"
L'idea è semplicemente straordinaria. La riuscita, almeno in parte, non all'altezza delle aspettative. Va comunque premiato il coraggio, soprattutto perché il cinema italiano ritorna a perlustrare quei campi, come la fantascienza, da cui era ormai assente ingiustificato da anni (tutti presi com'erano questi registi "autori" a sfracellarci le budella coi film impegnati sul sociale, sul disagio giovanile, sulla real politik del nulla e sulla sciatta commediola zelig).

Il fascino dell'immediatezza: 'Ukulele songs' di Eddie Vedder.
Che palle il critico. Non gliene va bene mai una. Figuriamoci poi con un disco così poco studiato ed 'incompiuto'. Perché hai voglia a dire, Ukulele songs è un'opera incompiuta, ma non perché non sia finita, ma perché la sua apparente imperfezione nasconde invece l'amore per le cose, e in questo caso, per la musica.
E' un disco settimino no? E su i figliocci prematuri c'è sempre da discutere, nel migliore dei casi, se non addirittura 'tremare' per la possibilità che non riesca a sopravvivere.

L'elogio dell'immagine: 'Claire Denis film score 1996-2009' dei Tindersticks.
La domanda è lecita: cosa può un film senza musica? E ancora: quanti compositori hanno 'sposato' registi? La prima ci sembra ovvia, ma non esente da ulteriori interpretazioni. L'altra dipende anche e soprattutto dal grado di conoscenza delle cinematografie. Ma è indubbio che se pensiamo a Rota ci viene in mente Fellini, se pensiamo a John Williams lo colleghiamo a Spielberg, se ci soffermiamo su Anghelopoulos non possiamo non ricordare Heleni Karaindrou, e se omaggiamo Bertolucci il pensiero va a Sakamoto.

Un dylaniano poco dylaniano: 'We live on Cliffs' di Adam Haworth Stephens.
Ci mancavano pure i settant'anni di Dylan (se volete divertirvi con qualche curiosità o suggerimento sull'uomo cercate il pezzo che ha scritto Bertoncelli su del rock.it). Non per altro: se i tuoi beniamini ormai veleggiano tutti oltre i settanta appunto qualcosa vorrà pur dire. E sulla nostra strada se ne incontrano sempre più spesso.
Ma non siamo nostalgici (anche se l'attualità insiste ancora sui Doors, perché è in uscita When you're strange, il documentario sulla band californiana che esce a 40 anni dalla morte di Morrison),

Cronaca di un evento annunciato. Non son solo canzonette.
Venerdì 27 maggio ore 12, nello storico Studio A della Rai di Via Asiago a Roma, conferenza stampa di presentazione della ventiduesima edizione del Festival di Musicultura, e la sera alle 20,45 concerto degli otto finalisti.
Il Cav. Serpente, con forti sssssibili di disappunto, non ha potuto essere presente, ma vi raccon-ta lo stesso l'evento perché è da anni frequentatore ed estimatore di questa iniziativa, e forse dovrà ripiegare, per una volta, i denti avvelenati.

Moby si riconferma re dell'elettro-pop, il suo 'Destroyed' incanta come ai vecchi tempi.
Di cilecche ne aveva fatte un paio negli ultimi tempi. Infatti, sia il precedente album Wait for me che quello ancora prima, Last night, avevano lasciato un po' l'amaro in bocca. Richard Melville Hall (che bello essere discendenti, come lui, del grande scrittore americano Herman), aveva conquistato per l'ultima volta il mondo con 'Lift me up', lo strepitoso singolo tratto dall'album Hotel del 2005, con cui aveva venduto due milioni di copie ottenendo il disco di platino.

Più che dispersione, diffusione: 'Afrodiaspora' di Susana Baca.
Lei è senza dubbio la terza figura della trimurti etnica (collocazione che fa tanto comodo a chi non può fare a meno delle etichette): insieme a Omara Portuondo (la mia preferita, la più intensa, dal vivo è un'esperienza indimenticabile e le sue canzoni su Buena vista social club sono tra le cose più commoventi che si possano ascoltare) e Cesaria Evora è senza dubbio una bandiera della diffusione della musica 'altra'. E diffusione ci sembra davvero la parola più convincente per illustrare l'opera e lo scopo di Susana Baca.

Prima o poi sarebbe arrivato l'omaggio a Vic Chessnut: 'Demons' dei Cowboy Junkies.
E' passato un anno e mezzo dalla morte, anzi meglio sarebbe dire, dal suicidio di Vic Chessnut per overdose. E finalmente un gruppo ha pensato bene di rendergli omaggio con una manciate di canzoni intense e drammatiche.
I Cowboy Junkies non sono nuovi a cover, ma in questo disco, nonostante il cantato della vocalist Margo Timmins sia per certi versi diverso da quello dello sfortunato artista (pensiamo all'influenza che Chet Baker ebbe per Chessnut e come quest'ultimo riuscisse ad affrontare classici jazz con la semplicità e tensione del suo vibrato.
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