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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Massimo Carlotto

Alla fine di un giorno noioso

e/o, Pag. 177 Euro 17,00
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Forse dirò una sciocchezza.

Vediamo: ho l'impressione che da un po' di tempo a questa parte il noir sia come il cane che si morde la coda. Tralasciando per un momento la questione dell'invasione del mercato (beh sì, dovunque ti giri in libreria ti ritrovi davanti non singoli libri, ma intere collane di noir al punto tale che sorge spontanea la domanda: ma vuoi che si stia raschiando il barile?), quel che salta agli occhi è invece la dinamica del fenomeno. Cioè: quanto di quella specifica del noir come specchio unico e veritiero del sociale e quindi del quotidiano e quindi addirittura del vivere è ancora valido?

Me lo chiedo perché sempre più spesso in giro si sentono cahiers de doleances sul genere come visione fondamentale del mondo, finanche letterario.

Qualcosa di vero c'è, perché se aveva ragione Daeninckx (e pure Chandler) a dire che il noir aveva riportato il delitto sul marciapiede (sede, pare, logica e sacrosanta per annusare le cose della vita), nello stesso tempo non si può relegare il mainstrem o comunque la letteratura in genere in una sfera vaga e vacua.

Perché dunque il mio assunto che il noir è come il cane che si morde la coda?

Me lo fa pensare il nuovo libro di Carlotto. L'autore, si sa, è uno dei migliori, ma volente o nolente, consciamente o inconsciamente, con le sue storie dà un po' di ossigeno ad un genere ormai fermo.

Sì fermo: se è vero che il noir è (è stato) specchio della società è altrettanto vero che non può sopravvivere a questa senza una ridefinizione dei suoi canoni.

Canoni che guarda caso non sono mai cambiati dai tempi della sua 'esplosione' (che indicherei intorno agli anni cinquanta dove le lamentele di Chandler servivano a combattere il predominio e l'invadenza dell'investigazione alla Agatha Christie).

Non vorrei sembrare lungagnone e prolisso. Il quesito è questo e serve a risolvere il tutto: cosa deve fare il noir per essere sempre se stesso, riguadagnare posizione e non sembrare 'falsamente' lo specchio unico della realtà?

Risposta: essere vicino a questa ma ri-utilizzando i canoni vincenti del poliziesco anni cinquanta, dove l'azione soprattutto aveva la meglio sull'indagine sociologica.

Carlotto (ripeto: consciamente o no) l'ha capito e Alla fine di un giorno noioso (titolo ironico perché di noioso non c'è assolutamente nulla, soprattutto nella vita del protagonista) è il risultato più pregnante.

E' un romanzo denso e a tratti anche spavaldo.

E' un romanzo tirato e grandguignolesco.

E' un romanzo diretto e al fulmicotone.

Dettagli il fatto che riproponga un personaggio già apparso nel precedente e fortunato Arrivederci amore, ciao e soprattutto che la recensione non parli della trama e dei suoi sviluppi.

Quel che preme dire è che con Alla fine di un giorno noioso si tenti la carta della rivitalizzazione del genere. I fans di questo non potranno che rallegrarsene, quelli che lo leggono con piacere (e io tra questi) l'impressione di una piccola svolta. Necessaria.

Corsi e ricorsi.



di Alfredo Ronci


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Gustoso


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